Daniele Gatti sceglie il Falstaff di Strehler per il suo ritorno con un’opera alla Scala

Il direttore milanese manca dalla buca scaligera dai Meistersinger del 2017, pur essendo tornato regolarmente in concerto. Lo spettacolo di Strehler è ripreso da Marina Bianchi,

protagonisti Ambrogio Maestri, Rosa Feola, Luca Micheletti, Marianna Pizzolato,

Juan Francisco Gatell, Martina Belli e Rosalia Cid.

Torna in scena con sette recite dal 16 gennaio al 7 febbraio Falstaffdi Giuseppe Verdi nello spettacolo concepito dal regista Giorgio Strehler e dallo scenografo Ezio Frigerio per l’inaugurazione della Stagione 1980/81 diretta da Lorin Maazel e più volte rappresentato sotto la direzione di Riccardo Muti. La regia è ripresa da Marina Bianchi.

Sul podio Daniele Gatti, che con l’ultimo capolavoro di Verdi torna a dirigere un’opera alla Scala dopo molti anni di presenza solo sinfonica: l’ultimo titolo furono Die Meistersinger von Nürnberg nel 2017. Gatti aveva già diretto Falstaff alla Scala nel 2015 nello spettacolo di Robert Carsen, e davvero l’opera torna come un appuntamento ricorrente in diverse fasi del suo percorso artistico: da spettatore in galleria alla Scala nel 1980, in versione semiscenica a Santa Cecilia nel 1997 a Bologna nel 2001 con la regia di Pizzi, poi alla Staatsoper di Vienna, a Zurigo, al Théâtre des Champs Elysées con la regia di Mario Martone nel 2010, a Londra nel 2012, con lo spettacolo di Carsen ripreso ad Amsterdam nel 2014 e alla Scala nel 2015.

Gatti, che lo scorso dicembre ha diretto la Petite Messe Solennelle di Rossini per il Concerto di Natale, sarà sul podio anche per due appuntamenti mahleriani: il 10, 14 e 16 febbraio per la Stagione Sinfonica con la Sinfonia n° 10 nel completamento di Deryck Cooke, e l’8 settembre con la Sinfonia n° 5 insieme alla Staatskapelle Dresden di cui è Direttore Principale dal 2024.

Nel ruolo del titolo torna Ambrogio Maestri, che alla Scala è stato Falstaff con Riccardo Muti nel 2001 e 2004, con Daniel Harding nel 2013 e con Zubin Mehta nel 2017, ma è stato presenza costante in un repertorio che va dall’Elisir d’amore a Adriana Lecouvreur. Attesissima Alice Ford è Rosa Feola, che dopo il debutto scaligero nella Gazza Ladra diretta da Chailly aveva cantato Nannetta nel Falstaff diretto da Zubin Mehta, prima di diventare una delle voci più apprezzate dal pubblico scaligero in un repertorio che va da Mozart a Rossini e Donizetti. Attesa anche per il ritorno alla Scala nei panni di Ford di Luca Micheletti: attore, regista e cantante, Micheletti è una delle figure più sorprendenti del panorama del teatro italiano di oggi. Miss Quickly è Marianna Pizzolato, una voce importante che alla Scala si è ascoltata soltanto nel Ritorno di Ulisse in patria nel 2011; Nannetta è Rosalia Cid, soprano cresciuto al Maggio Musicale e già ascoltata a Milano come Voce dal cielo e come Lisette nel Don Carlo e nella Rondine diretti da Riccardo Chailly, e il suo Fenton è Juan Francisco Gatell, tenore che alla Scala ha cantato in un repertorio che spazia dal Viaggio a Reims al Don Giovanni e a Lucia di Lammermoor. La terza comare, Meg Page, ha la voce del mezzosoprano Martina Belli, che tornerà in stagione anche come Maddalena in Rigoletto.     

Antonino Siragusa, dopo tante occasioni rossiniane, torna alla Scala nei panni del Dottor Cajus, mentre Bardolfo e Pistola sono Christian Collia e Marco Spotti.

L’8 gennaio alle 18 nel Ridotto dei Palchi Pietro Mioli terrà un incontro dal titolo “Elogio della leggerezza” per il ciclo “Prima delle prime” promosso dagli Amici della Scala. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi “A. Toscanini”, per gli spettatori muniti di biglietto si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Raffaele Mellace.

Falstaff – spiega il Maestro Gatti a Elisabetta Fava che lo ha intervistato per “La Scala – Rivista del Teatro” – è un unicum: non c’è niente di simile che lo preceda né che lo segua (a parte forse Gianni Schicchi); rimane una meravigliosa stella solitaria, che neanche Aida e Otello fanno presagire. La sua struttura, il dettato musicale che scorre, il trattamento delle voci non hanno precedenti. Sopravvivono ancora alcuni momenti incasellati come “arie”: il monologo di Ford; l’aria “Quand’ero paggio del duca di Norfolk”, una delle più brevi mai scritte; e ancora nell’ultimo quadro i due assoli di Fenton (il sonetto) e Nannetta (come regina delle fate). Ma pur essendo pezzi chiusi, sono pensati tutti in modo nuovo, come attimi di sospensione. Interessante anche che siano proprio i due giovani gli unici veri destinatari delle strutture tradizionali, perché in fondo anche il monologo di Ford è formalmente aperto”.

Maestri ricorda il suo primo Falstaff, costruito con Muti e Strehler, nell’intervista a Luca Baccolini, sempre sulla Rivista del Teatro: “Con Muti ho costruito il personaggio per quasi un anno, una cura, un cesello, una pazienza che oggi non esistono più. In pratica, ho avuto a disposizione la Scala per un anno, o meglio: per un anno hanno investito tempo ed energie su di me. Per costruire fisicamente il personaggio non hanno trascurato niente: con m’e lavorava Marise Flach, che ha collaborato a lungo con Strehler, una maestra nell’arte dell’espressione corporea. Mi fece provare e riprovare persino come mi alzavo dalla sedia o come aprivo una porta. Perché? Perché era evidente che all’epoca lo facevo come un trentenne. Oggi, che di anni ne ho 54, mi viene tutto più naturale”.

Riccardo Chailly apre con La rondine le celebrazioni per il centenario di Giacomo Puccini alla Scala

Il Maestro prosegue il suo ciclo sulle opere pucciniane alla Scala con una nuova produzione affidata per la regia a Irina Brook con Mariangela Sicilia e Matteo Lippi protagonisti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5. Radio3 trasmetterà in diretta la prima rappresentazione il 4.

Il Centenario pucciniano è per Riccardo Chailly e per il Teatro alla Scala la continuazione di un progetto che si sviluppa da anni: riportare alle scene le opere del compositore secondo criteri esecutivi credibili e aggiornati come è ormai prassi per autori come Rossini e Verdi, esplorando genesi, varianti e ripensamenti e offrendo a chi ascolta un ritratto capace di restituire la complessità dell’artista. La Rondine va in scena alla Scala per sei rappresentazioni dal 4 al 20 aprile con la regia di Irina Brook, scene e costumi di Patrick Kinmonth e un cast composto da alcuni dei giovani artisti italiani in più rapida ascesa: Mariangela Sicilia (Magda), Matteo Lippi (Ruggero), Rosalia Cid (Lisette), Giovanni Sala (Prunier) e il ritorno di Pietro Spagnoli (Rambaldo).

L’opera sarà eseguita secondo la recentissima edizione critica a cura di Ditlev Rindom (Ricordi 2023), che ha potuto avvalersi per la prima volta dell’autografo pucciniano, creduto a lungo perduto e resosi disponibile soltanto in anni recenti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5.

Radio3 trasmetterà la prima rappresentazione in diretta il 4 aprile poi in differita sul circuito Euroradio.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi, si potrà seguire una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Elisabetta Fava.

L’opera

“La più elegante, la più raffinata partitura di Puccini” secondo Victor de Sabata, La rondine non rientra fra i titoli più eseguiti del compositore, anche se in questi mesi sono numerosi i teatri internazionali che l’hanno inserita in cartellone sotto il doppio pungolo del centenario e della pubblicazione dell’edizione critica. Un saggio antidoto all’onnipresenza delle opere più note e regolarmente programmate.

La genesi della partitura contribuisce a spiegarne l’originalità: all’inizio degli anni ‘10 Puccini era confortato dal trionfo della Fanciulla del West al Metropolitan, ma in difficoltà con il suo editore dopo la morte nel 1912 di Giulio Ricordi, cui succedeva il figlio Tito II, con cui i rapporti non erano altrettanto buoni.

Il compositore guarda  ancora all’estero e accetta la commissione del Carltheater di Vienna, un lavoro di carattere leggero su libretto di Heinz Reichert e Alfred Willner: nelle intenzioni di Puccini non esattamente un’operetta, piuttosto una commedia intrecciata su ritmi di valzer, simile per alcuni versi al Rosenkavalier (1911) di Strauss con cui condivide anche il tema della maturità emotiva e della rinuncia femminile. Le incertezze sul libretto, poi affidato a Giuseppe Adami, e soprattutto lo scoppio della Prima guerra mondiale che vedeva Italia e Austria su fronti opposti, portano alla rottura del contratto con Vienna: La rondine viene battezzata nel 1917 a Montecarlo con la direzione di Gino Marinuzzi, che dirigerà anche la prima scaligera nel 1940.

L’unica ripresa al Piermarini risale al 1994 grazie alla cultura e sensibilità di Gianandrea Gavazzeni.

Nelle parole di Riccardo Chailly, intervistato da Elisabetta Fava per la Rivista del Teatro, “La struttura è complessa, studiata nei minimi dettagli, ma all’ascolto suona estremamente naturale; tutto è superato dalla fluidità del canto, della melodia e dall’orchestrazione. Ma la forza delle individuazioni, la fluidità dei dialoghi, la modernità dei tratti danno un fascino tutto particolare a questa singolare commedia che gioca col passato e col presente, e fonde fra loro tanti stili senza per questo perdere di vista la sua organicità”. Nella tela sonora della Rondine dominano certo i valzer, ma intrecciati con sbalorditiva naturalezza con altre danze, tra cui il quick step, il tango, la polka e lo slow fox, e un intero panorama di citazioni e autocitazioni, non solo Strauss (Richard e Johann) ma il mondo delle Valses nobles et sentimentales di Ravel e le nuove prospettive aperte da Stravinskij.

Nono appuntamento del ciclo

Prima delle prime”

Stagione 2023/2024

Amici della Scala – Teatro alla Scala

LA RONDINE

di Giacomo Puccini

Libretto di Giuseppe Adami

Nuova Produzione Teatro alla Scala

Teatro alla Scala – Ridotto dei Palchi “A. Toscanini”

Mercoledì 27 marzo 2024 – ore 18

Nel dicembre del 1910 La fanciulla del West debutta al Metropolitan di New York ricevendo un’accoglienza trionfale che per Puccini ha il sapore di una consacrazione internazionale; eppure, di lì a poco, negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, per il compositore s’apre un periodo burrascoso. A portar scompiglio nella sua vita non saranno (come potrebbe venir da pensare) il precipitar degli eventi, l’intensificarsi delle tensioni che in pochi anni cruciali condurranno allo scoppio del conflitto (perlomeno, non ancora) ma eventi e tensioni ben più prossimi. Nel 1912 muore infatti Giulio Ricordi; al dolore per la perdita dell’amico, fidato consigliere e benefattore, per Puccini s’aggiunge il cruccio di vedere la casa editrice passar sotto la guida del figlio del «sor Giulio», Tito. Tra i due non corre buon sangue: Tito ritiene che Puccini sia un compositore ormai superato; Puccini, da parte sua, ritiene Tito – ribattezzato poco amichevolmente Tifo – un imbecille.

Così, nel 1913, la commissione di un’operetta per il Carltheater di Vienna si presenta a Puccini come una ghiotta opportunità per tagliare i rapporti con l’editore. Il compositore accetta la proposta con un certo entusiasmo, destinato però a sgonfiarsi alla lettura dello scenario. «Il soggetto non mi va assolutamente. È la solita operetta sciatta e banale», commenta. Per poi dichiarare: «io, operetta non la farò mai: opera comica sì: vedi Rosenkavalier, ma più divertente e più organica». Tuttavia, Puccini è intenzionato ad andare avanti. Incarica della trasformazione da operetta a opera tout court Giuseppe Adami, futuro librettista del Tabarro e, con Renato Simoni, di Turandot: sebbene la sua collaborazione col maestro lucchese sia recente, e non abbia ancora prodotto frutti concreti, il letterato si dimostra assai abile a entrare in sintonia con la sensibilità teatrale pucciniana.

La composizione del dramma, che nel frattempo ha assunto il titolo La rondine ed è stato accordato all’editore Sonzogno, si protrae tra l’estate del 1914 e quella del 1916, e – ora sì – l’influenza dell’«inutile strage» non manca di farsi sentire. Intanto, sull’aspetto organizzativo e, per così dire, diplomatico dell’allestimento, che dall’originaria destinazione viennese sarà prudentemente trasferito all’Opéra di Monte Carlo, in territorio neutrale, da cui La rondine spiccherà il volo il 27 marzo 1917. E poi, forse, anche sullo spirito stesso che anima la composizione, che se non è un’operetta, nemmeno si può definire opera comica: sospesa com’è tra leggerezza e – se non tragedia – disillusione, in un clima dolceamaro di nostalgia fin de siècle e nel rimpianto per una giovinezza irrimediabilmente trascorsa, irrecuperabile.

La rondine è uno dei titoli pucciniani meno frequentati, pur vantando una partitura miracolosa per il senso del colore e il nitore virtuosistico della scrittura. Gli spettatori del Teatro alla Scala potranno apprezzarla in una nuova produzione affidata alla direzione di Riccardo Chailly e alla regia di Irina Brook, con la presenza, nelle vesti dei protagonisti, di Mariangela Sicilia, Matteo Lippi e Giovanni Sala.

Luca Rossetto Casel

Nell’incontro “Piacevole, limpida […], con motivi di valzer e arie briose e seducenti” parla della Rondine Fabio Sartorelli, accademico e musicista italiano, vice presidente della Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, con la partecipazione del M° Riccardo Chailly.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti

Supporto per l’ospitalità Ariosto Social Club

Via dei Giardini, 18 – 20121 Milano   Tel. 02.783. 479 – fax. 02.7601. 3856 info@amicidellascala.it