IL TEATRO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO ANNUNCIA LA STAGIONE 2026E L’88ESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL

Sei le tipologie di abbonamento offerte al pubblico; i rinnovi possono essere effettuati
a partire dal 7 luglio.

I nuovi abbonamenti sono in vendita a partire dal 15 luglio. I biglietti per i singoli spettacoli sono in vendita a partire dall’8 settembre.

Il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino annuncia la prossima stagione 2026 e l’88esima edizione del Festival Maggio Musicale: dodici titoli d’opera – in un arco temporale dal barocco al contemporaneo, con una nuova commissione –  2 cicli sinfonici diretti dal Direttore musicale Daniele Gatti, numerosi concerti sinfonici e sinfonico-corali con le numerose presenze di Zubin Mehta che nel 2026 festeggerà i suoi 90 anni, due balletti e gli spettacoli per le famiglie e le scuole.

ToscaPagliacci in dittico con Cavalleria RusticanaIl castello di Barbablù in dittico con
La voix humaineThe Death of Klinghoffer – titolo inaugurale del Festival –
Un ballo in mascheraGiulio CesareWozzeckRomanzo criminaleSimon Boccanegra
Les contes dHoffmann sono i titoli d’opera che compongono la stagione lirica e il Festival.

“Dodici titoli, dodici mondi. La nuova stagione d’opera del Maggio Musicale Fiorentino – dice il sovrintendente Carlo Fuortes – è un viaggio nel tempo, nella società e nell’anima umana. Un intreccio forte di storie che parlano di tutti noi: amori impossibili, solitudini, violenze, rivolte, sogni infranti e desideri che resistono. L’opera, qui, non è solo patrimonio da custodire: è materia viva, che brucia ed emoziona.

Un ballo in mascheraSimon BoccanegraToscaI racconti di Hoffmann: titoli amati, carichi di tradizione e bellezza ma anche di inquietudini che parlano del presente. Il doppio binomio verista Pagliacci/Cavalleria Rusticana riporta in scena un teatro crudo, passionale, dove ogni gesto è vita o morte. E poi Giulio Cesare di Händel: il barocco come specchio del potere, della seduzione e dell’ambiguità. Ma è nella frattura, e forse nell’azzardo – continua Fuortes – che il cartellone del 2026 trova la sua voce più forte. Con The Death of Klinghoffer di John Adams, titolo di forte impatto politico e civile, l’opera si apre al mondo e alle sue ferite ancora aperte. Wozzeck di Berg scava nella follia, nel disagio, nel linguaggio frammentato del nostro tempo. La voce umana di Poulenc e Il castello di Barbablù di Bartok raccontano, ciascuno a modo suo, il dolore muto e la distanza tra le persone. Il presente entra in scena con forza grazie a Romanzo criminale, nuova commissione del Maggio e di Musica per Roma, dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, che cura il libretto e con la musica di Nicola Piovani. Una storia italiana, cruda e affascinante, che diventa teatro musicale per la prima volta: un ponte tra il linguaggio del cinema, del noir e la forza evocativa della musica dal vivo.”

I direttori impegnati sul podio in questo “viaggio tra mito e realtà” sono 
Michele GambaRiccardo FrizzaMartin RajnaLawrence Renes
Emmanuel TjeknavorianGianluca CapuanoThomas GuggeisNicola Piovani
James Conlon Kent Nagano. Nomi, alcuni, di nuove affermazioni della direzione d’orchestra, giovani talenti che già oggi segnano comunque il futuro della musica, accanto a direttori acclamati e più acclarati del podio internazionale, capaci di rinnovare la grande tradizione operistica con autorevolezza e sensibilità. A rendere questa stagione un grande affresco scenico contribuisce un parterre di registi tra i più interessanti e visionari del panorama internazionale: Robert CarsenClaus GuthDeborah WarnerValentina Carrasco
Àlex Ollé (La Fura dels Baus), Davide LivermoreMassimo Popolizio e Laurent Pelly
La regia della nuova produzione di The Death of Klinghoffer sarà a cura di Luca Guadagnino. “Le loro letture porteranno in scena mondi estetici diversi ma certamente di grande interesse ed emozione, tra classicità reinventata, radicalità visiva, precisione psicologica e impatto cinematografico” commenta il sovrintendente.

Il versante sinfonico e sinfonico corale mette in cartellone il ciclo dedicato alle nove sinfonie di Ludwig van Beethoven e il ciclo dedicato a Felix Mendelssohn che sono affidati a Daniele Gatti, Direttore musicale del Maggio, ruolo che assumerà ufficialmente a partire dal Festival. “Gatti offrirà al pubblico – continua Fuortes – due percorsi sinfonici di grande respiro: l’integrale delle Sinfonie di Beethoven, vera colonna vertebrale della musica occidentale, e un ciclo dedicato a Felix Mendelssohn, con tutte le sinfonie e l’oratorio Elias, restituendo la pienezza spirituale e intellettuale di un autore ancora poco esplorato nei teatri d’opera italiani; e qui mi fa particolare piacere di ricordare oltre alla nostra smagliante Orchestra uno dei protagonisti di questi cicli, presente in tre concerti, in quasi tutte le opere, e in molti dei concerti della stagione: il mirabile Coro del Maggio, diretto da Lorenzo Fratini”.

Nel corso della stagione concertistica, molto ricca, con decine di appuntamenti sono previsti i più grandi direttori d’orchestra della scena internazionale a partire da Zubin Mehta, direttore onorario a vita del Maggio, che proporrà ben cinque programmi musicali tra cui un concerto particolarmente simbolico che il maestro dirigerà il 29 aprile, proprio nel giorno del suo 90esimo compleanno che ha deciso di festeggiare al Maggio e a Firenze.  Sul podio del nostro teatro saliranno Myung-Whun ChungPhilippe Jordan (con Beatrice Rana al pianoforte), Gianandrea NosedaTeodor Currentzis alla guida della musicAeterna Orchestra, Michele Mariotti (con Andrea Lucchesini al pianoforte), Daniele Rustioni
Diego Ceretta (con Benedetto Lupo al pianoforte e l’Orchestra della Toscana), 
Thomas Guggeis, Tomàs Netopil, Dmitry Sinkovski, Aziz Shokhakimov (con 
Alexandra Dovgan al pianoforte), Christophe Rousset. Inoltre i recital di canto di 
Jessica Pratt (sul podio Christopher Franklin), Asmik Grigorian (al pianoforte 
Lukas Geniušas),  Francesco Meli e Luca Salsi (al pianoforte Nelson Calzi); due concerti con la voce di Drusilla Foer (sul podio per il primo Salvatore Percacciolo e Timothy Brock nel secondo), e il concerto di Natale del 6 dicembre con il Coro di Voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Sara Matteucci.



Due gli spettacoli di balletto: Zakharova &Repin in Pas de deux for toes and fingers e il ritorno, sempre attesissimo, di Roberto Bolle; gli appuntamenti di “C’è musica e Musica” giunto alla terza edizione dedicati alle famiglie e le scuole con 6 appuntamenti (4 alla domenica e 2 di sabato) lo spettacolo di Venti lucenti firmato da Manu Lalli, La danza delle maschere, che sarà ispirato al “Ballo in maschera” opera in programmazione nel corso della Stagione 2026.

Il maestro Daniele Gatti Direttore musicale del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Diffuso oggi l’annuncio del sovrintendente Carlo Fuortes

“Con Daniele Gatti, il Maggio segna la continuità ma anche il rinnovamento ed è pronto
a costruire nuove pagine importanti della sua storia”

Il sovrintendente Carlo Fuortes annuncia la nomina del maestro Daniele Gatti come Direttore musicale del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dal 2026 e per i successivi tre anni. Il maestro s’insedierà ufficialmente come Direttore musicale in occasione della prossima 88esima edizione del Festival del Maggio e rimarrà in carica fino al 30 giugno 2029 al termine del 91esimo Festival. Gli impegni artistici del Maestro con il Maggio lo coinvolgeranno in opere, concerti sinfonici e sinfonico-corali e tournée.

“Sono particolarmente felice di annunciare questa nomina – afferma il sovrintendente Carlo Fuortes – Daniele Gatti è uno dei più grandi direttori della scena internazionale e ha già segnato profondamente la storia recente del nostro Teatro, ricoprendo fino allo scorso anno il ruolo di Direttore Principale con straordinari risultati artistici. In passato abbiamo avuto modo di lavorare insieme in diverse occasioni e conosco bene la sua visione, il suo rigore e la sua grandissima sensibilità musicale. La scelta di Daniele Gatti – continua il sovrintendente – rappresenta un investimento artistico di altissimo livello. Un segno di continuità ma anche di rinnovamento: accoglierlo alla guida musicale del nostro Teatro significa riaffermare con forza l’identità del Maggio come centro d’eccellenza, luogo di creazione e pensiero musicale, fedele alla sua storia ma sempre proiettato verso il futuro. A nome mio, del Consiglio di Indirizzo della Fondazione e di tutto il Teatro rivolgo a Daniele Gatti il più caloroso benvenuto. Lo accogliamo con entusiasmo, pronti a costruire insieme nuove pagine importanti della nostra storia.”

“Sono felice – afferma Daniele Gatti – e lo sono per più motivi. Torno a fare musica stabilmente con gli straordinari professori dell’orchestra e con gli artisti del coro del Maggio Musicale, a lavorare con tutte le persone legate alla fondazione lirico-sinfonica fiorentina, e lo faccio nella nuova veste di Direttore musicale, dopo la precedente esperienza come Direttore principale. Torno inoltre a collaborare con Carlo Fuortes, un sovrintendente di alta professionalità e lealtà, per il quale ho grande stima, e con cui abbiamo condiviso felicemente molti progetti in passato. Ringrazio tutti per questa nuova avventura artistica”.

Domenica 11 maggio, alle ore 20, il maestro Daniele Gatti torna sul podio della Sala Mehta alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio

Appuntamento sinfonico con un programma le musiche di Igor Stravinskij e Sergej Prokof’ev.

Solista, come contralto, Ksenia Dudnikova.

Il concerto sarà trasmesso in diretta su Rai Radio 3

Dopo il grande successo dei concerti del Ciclo Brahms dello scorso autunno, che hanno segnato i suoi ultimi impegni nelle vesti di direttore principale del Teatro, il maestro Daniele Gatti torna alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio per un nuovo appuntamento sinfonico nell’ambito dell’87º Festival del Maggio. Ksenia Dudnikova – fra i protagonisti dell’Adriana Lecouvreur inaugurale dell’83ª edizione del Festival – è la voce solista della serata.

Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.

Il programma del concerto è composto dalle musiche di Igor Stravinskij e Sergej Prokof’ev di cui il maestro Gatti è fra i più autorevoli interpreti a livello internazionale.

In apertura la “Sinfonia in do” di Igor Stravinskij, la cui composizione impegnò l’autore nel corso di quasi due anni: i primi due movimenti videro la luce in Francia, rispettivamente nell’autunno del 1938 e nell’estate del 1939 – in un periodo buio della vita del compositore che nel giro di pochi mesi perse la figlia, la moglie e la madre – ma fu conclusa solo l’anno seguente in America, dove il musicista realizzò il terzo e il quarto movimento.

Chiude la serata sinfonica Aleksandr Nevskij op. 78 di Sergej Prokof’ev: nel 1938 il compositore ricevette l’incarico di scrivere la colonna sonora di “Alexander Nevskij” del grande regista Sergej Ejzentejn, un film dedicato alle gesta dell’eroe medioevale che aveva guidato il popolo russo in numerose battaglie. L’anno dopo il compositore decise di estrapolare dalla colonna sonora una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra in cui riassume in maniera concisa la vicenda ma senza sacrificarne la narrazione.

Il concerto:

Igor Stravinskij

Sinfonia in do

«Questa Sinfonia, composta alla Gloria di Dio, è dedicata alla Chicago Symphony Orchestra nell’occasione del cinquantesimo anniversario della sua fondazione». Con queste parole Stravinskij congedava nell’agosto del 1940 la sua Sinfonia in do, una sinfonia nel senso classico del termine nella quale l’autore adottava forma e procedimenti tipici del genere principe della musica strumentale occidentale. La genesi dell’opera fu piuttosto travagliata e impegnò l’autore a più riprese nel corso di due anni. I primi due movimenti videro la luce in Francia, rispettivamente nell’autunno del 1938 e nell’estate del 1939, nel periodo più tragico della vita del compositore che nel giro di pochi mesi perse la figlia, la moglie e la madre. Stravinskij si gettò a capofitto nella musica e concluse l’opera l’anno seguente in America, dove realizzò il terzo e il quarto movimento. Anche se rispettosa del canone tradizionale, la Sinfonia in do rivela lo spirito innovativo del suo autore e così quegli stilemi classici che aleggiano nel primo e nel secondo movimento (i richiami a Beethoven e ad Haydn segnalati dallo stesso Stravinskij) inevitabilmente si intersecano nelle maglie di una scrittura moderna fatta di fraseggi irregolari, sfasamenti ritmici e combinazioni timbriche inusuali. Un semplice motivo di sole tre note enunciato dagli archi nel primo movimento (Moderato alla breve) è il seme da cui germoglia l’intero discorso sinfonico, una sorta di motto che servirà da collante tra primo e ultimo movimento. Il secondo tempo (Larghetto concertante) in forma tripartita mette in risalto le sonorità degli oboi con un disegno cristallino che viene turbato solo nella sezione centrale. Il terzo movimento (Allegretto) ha invece tutto l’aspetto di uno Scherzo in cui dominano ritmi di danza lanciati a tutta velocità con continui cambi di metro. Nel finale (Largo. Tempo giusto, alla breve) ricompare il motto iniziale nel serioso corale di fagotti e ottoni che salda e chiude l’opera secondo il principio della forma ciclica.

Sergej Prokof’ev

Aleksandr Nevskij op. 78

Nel 1938 Prokof’ev riceve l’incarico di scrivere la colonna sonora dell’Alexander Nevskij di Sergej Ejzentejn, film dedicato alle gloriose gesta dell’eroe medioevale che aveva guidato il popolo russo in numerose battaglie: da quella contro l’invasione mongola a quella sul fiume Neva contro gli svedesi, fino alla gloriosa vittoria sui Cavalieri Teutonici nella battaglia sul lago ghiacciato dei Ciudi. L’anno seguente il compositore decide di estrapolare dalla colonna sonora una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra in sette movimenti dove riassume in maniera concisa la vicenda senza sacrificarne la portata narrativa. La Cantata dall’Alexander Nevskij op. 78 diventa in breve opera di propaganda stalinista. La rievocazione di eroi del passato consente infatti di esprimere al meglio i sentimenti di patriottismo e nazionalismo, elementi comuni a molte cantate composte durante il periodo bellico, e il valore mostrato da Alexander Nevskij e dal suo esercito in battaglia diventa quindi la metafora perfetta dell’impegno richiesto al popolo russo dinanzi alla minaccia della Germania nazista. Dando libero sfogo alla propria vena lirico-narrativa, Prokof’ev adotta due stili compositivi diversi nel descrivere le armate nemiche in lotta. Se per le sezioni che vedono protagonista l’esercito tedesco, ma anche il campo di battaglia disseminato di morti dopo lo scontro, il compositore si avvale di un linguaggio aspro, dissonante e dai ritmi percussivi e meccanici, nelle sezioni dedicate ad Alexander e ai suoi uomini sceglie invece di usare canti popolari russi, melodie tonali e corali dal respiro epico, come quello che chiude solennemente la Cantata e sancisce la vittoria del popolo russo sull’invasore.

La locandina:

IGOR STRAVINSKIJ

Sinfonia in do

SERGEJ PROKOF’EV

Aleksandr Nevskij op. 78

Contralto Ksenia Dudnikova

Direttore Daniele Gatti

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Prezzi:

Settore D: 20€

Settore C: 35€

Settore B: 50€

Settore A: 70€

Durata complessiva 1 ora e 35 minuti circa, con intervallo

Il 12 e 13 febbraio alla Semperoper della capitale della Sassonia con Eleonora Buratto, Szilvia Vörös, Francesco Meli, Michele Pertusi e il Sächsischer Staatsopernchor Dresden

Fu uno dei più distruttivi bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale quello che il 13 e 14 febbraio 1945 rase al suolo gran parte della città di Dresda. 1.500 tonnellate di bombe esplosive e 1.200 di bombe incendiarie furono scaricate da più di 800 aerei inglesi, cui si unirono successivamente i B-17 americani, seminando morte e terrore, con il preciso intento di distruggere completamente la città. Gran parte del centro storico fu raso al suolo in un enorme fuoco che riscaldò l’aria di centinaia di gradi. Lo scrittore statunitense Kurt Vonnegut ricordò la tragedia nel suo celebre Mattatoio n. 5.

Ottant’anni dopo questi drammatici eventi la Staatskapelle della capitale della Sassonia, una delle più antiche e prestigiose orchestre al mondo, fondata nel 1548, e il suo Direttore principale Daniele Gatti, li ricordano con un concerto che vede simbolicamente in locandina la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, in programma mercoledì 12 febbraio e giovedì 13 febbraio alle 19 alla Semperoper. Il teatro, che fu anch’esso bombardato, per l’occasione ospiterà una mostra commemorativa sia della sua distruzione sia della successiva ricostruzione, ultimata quarant’anni fa, nel 1985.

«Il 13 febbraio 2005 fui invitato dalla Sächsische Staatskapelle di Dresda per questa stessa ricorrenza» – dice Daniele Gatti – «Ricordo che proposi il Requiem di Verdi. Vent’anni dopo, come direttore principale della compagine, mi è sembrato doppiamente significativo ripresentare lo stesso brano».

Daniele Gatti ha scelto dunque il capolavoro che Giuseppe Verdi aveva concepito già nel 1868, come progetto, poi naufragato, di una composizione collettiva in memoria di Gioachino Rossini. La morte di Alessandro Manzoni, che sopraggiunge nel 1873, lo addolorò così profondamente da indurlo a riprendere il lavoro e dedicarlo all’artista che venerava come un santo. Eseguito per la prima volta dallo stesso Verdi il 22 maggio 1874 nella Basilica di San Marco a Milano, il Requiem è impregnato di una forte carica drammatica, che riflette la linea maestra del teatro verdiano: una grandiosa meditazione sul mistero della morte, che pur sotto il segno della ribellione contro la volontà divina, restituisce all’uomo dignità e consolazione.

Nel cast sono impegnati il soprano Eleonora Buratto, il mezzosoprano Szilvia Vörös, il tenore Francesco Meli e il basso Michele Pertusi, insieme allo Sächsischer Staatsopernchor Dresden.

Daniele Gatti porta per la prima volta alla Scala, la Decima di Mahler ricostruita

Il 10, 14 e 16 febbraio il Maestro milanese propone il capolavoro incompiuto del compositore

nel completamento di Deryck Cooke.

Lunedì 10, venerdì 14 e domenica 16 febbraio per la Stagione Sinfonica del Teatro alla Scala Daniele Gatti dirige la Sinfonia n° 10 di Gustav Mahler. La Sinfonia, lasciata incompiuta dal compositore alla sua morte nel 1911, è presentata nel completamento di Deryck Cooke.

L’Andante-Adagio viene eseguito nella versione originaria di Gustav Mahler.

Gatti, che è tornato nella buca scaligera per Falstaff di Giuseppe Verdi (sette rappresentazioni dal 16 gennaio al 7 febbraio 2025) nella ripresa dello storico allestimento del 1980 di Giorgio Strehler e Ezio Frigerio, è impegnato in questi giorni anche a Dresda, dove è Direttore Stabile della gloriosa Staatskapelle, per il Requiem di Verdi in memoria delle vittime del bombardamento del 13 febbraio 1945.

La Sinfonia n° 10 non è mai stata eseguita alla Scala. Solo l’Adagio, di cui Mahler completò anche l’orchestrazione, è stato inserito ripetutamente nei programmi, a partire dagli impaginati di Giuseppe Sinopoli e includendo un concerto diretto da Daniel Barenboim con la Divan nel 2011 e un recital di Igor Levit che nel 2023 ne ha eseguito una trascrizione pianistica. Lo stesso Gatti aveva eseguito Andante e Adagio nel 2023 con la Gustav Mahler Jugendorchester. A Milano l’Orchestra Verdi, ora Sinfonica di Milano, ha spesso eseguito il completamento di Rudolf Baršaj e una sola volta, nel 2011, quella di Cooke con Junichi Hirokami.  

Di seguito la presentazione della Sinfonia curata da Luca Ciammarughi per il numero di febbraio de “La Scala – Rivista del Teatro”.

L’incompiuta Sinfonia n.10 di Gustav Mahler è stata oggetto di ampi dibattiti relativi alla liceità o meno di un completamento. Fra le posizioni più intransigenti nella difesa di un manoscritto da preservarsi nel suo stato originale e intoccabile, ci fu quella del grande direttore d’orchestra mahleriano Bruno Walter, che fece pressione su Alma Mahler per convincerla a non accettare un intervento spurio. Già dagli anni Venti, però, qualche ritocco era stato fatto: quando Ernst Krĕnek preparò l’edizione in facsimile dell’Andante-Adagio iniziale e del terzo movimento Purgatorio, eseguiti a Vienna il 14 ottobre 1924 sotto la direzione di Franz Schalk, alla trascrizione del manoscritto a opera di Krĕnek misero mano, per le aggiunte, lo stesso Schalk e Zemlinsky, dopo che Walter aveva rifiutato di occuparsene (e infatti, a differenza di quanto avvenuto per Das Lied von der Erde e la Nona, anch’esse eseguite postume, non diresse la Decima).

Lunga è comunque la lista dei nomi illustri che declinarono l’invito a preparare un’edizione ricostruita: innanzitutto Schönberg, a cui Alma aveva mostrato l’intero manoscritto nel 1949, e Šostakovič, che rifiutò un invito al completamento da parte dello studioso Jack Diether.

Ad accettare l’incarico fu finalmente nel 1959 il musicologo inglese Deryck Cooke, a cui dobbiamo il completamento più plausibile, quello proposto nella Stagione Sinfonica scaligera il 10, 14 e 16 febbraio con Daniele Gatti sul podio della Filarmonica della Scala. Lo storico e musicologo Gastón Fournier-Facio, curatore nel 150° anniversario della nascita del volume Gustav Mahler. Il mio tempo verrà (Il Saggiatore) e del più recente Tutto Mahler. La vita e le opere raccontate dai grandi esperti italiani (Zecchini), ci aiuta a comprendere il senso e il valore dell’operazione di Cooke: “Performing Version è, significativamente, il sottotitolo che Cooke pone nella copertina della sua versione. Egli afferma con chiarezza che si tratta di una ‘versione per l’esecuzione’, il cui scopo è quello di far ascoltare questo lavoro incompiuto mahleriano nella versione più completa e attendibile possibile. Chiaramente, per arrivare a una versione integrale della Sinfonia, Cooke è dovuto intervenire sull’orchestrazione, le dinamiche, i fraseggi, oltre ad aver dovuto completare alcune parti mancanti.

Ma l’attendibilità è legata allo studio profondo che il musicologo ha fatto prima di giungere alla versione definitiva di questo completamento: si tratta di un processo che parte dal 1959 e arriva fino alla grande edizione della partitura uscita nel 1976, anno della morte di Cooke”.

Il completamento della Decima di Mahler creò un vero e proprio “caso”: i contrari, basandosi sul veto di Walter e sul fatto che nè Schönberg nè Berg nè Webern ammisero mai la possibilità di completare gli abbozzi mahleriani,  facevano capo a Erwin Ratz; tra i favorevoli, il grande musicologo mahleriano francese Henry-Louis de La Grange e altri studiosi concordi nell’affermare che grazie al lavoro di Cooke il pubblico ha avuto la fortuna di poter udire la Decima come suono nella sua integrità, nella versione più verosimile che fosse dato di realizzare. Cooke si difese affermando che l’intero manoscritto è eseguibile al pianoforte – e, come ricorda Quirino Principe nella sua monografia su Mahler, “pare infatti che Gustav lo abbia suonato una volta ad Alma, da cima a fondo”. La questione, ci racconta Fournier-Facio, “è scegliere se privarsi del tutto di questa possibilità di ascolto o prendere atto che il completamento è necessario per ascoltare quello che è in ogni caso un unico grande sketch della Decima”. La prima esecuzione di una ricostruzione ancora incompleta, a carico il 19 dicembre 1960 della Philharmonia Orchestra di Londra diretta da Berthold Goldschmidt, che aveva collaborato strettamente con Cooke e un’equipe di musicologi, fu presentata da Cooke come “conferenza con esempi musicali”.

Grazie alla mediazione di Alma Mahler e di Henry-Louis de La Grange, Cooke poté vedere altre 44 pagine di manoscritto fino a quel momento ignote, che confluirono nell’esecuzione della London Symphony del 13 agosto 1964.

Un’ulteriore revisione fu eseguita il 15 ottobre 1972 dalla New Philharmonia diretta da Wyn Morris. La versione definitiva della ricostruzione, afferma Fournier-Facio, “lascia comunque aperta l’ipotesi che Mahler avrebbe potuto cambiare qualcosa anche nell’ordine dei movimenti”.

Le prime tre cartelle sono numerate (1, 2, 3), la quarta è senza titolo e sull’ultima sta scritto “Finale”: se l’ordine appare chiaro, bisogna fare i conti con i possibili ripensamenti di Mahler, evidenti da un manoscritto in cui la quarta cartella vede sovrapposti un IV su III e l’ultima reca un V a matita blu sovrapposto a un IV a penna.

Inoltre, Mahler scrisse “Finale” anche sulla seconda cartella, dimenticandosi probabilmente di cancellarlo. Al di là dell’ordine dei movimenti, il problema principale rimane l’orchestrazione, che in Mahler è determinante: se l’Adagio appare completo, lo Scherzo della seconda cartella presenta un’orchestrazione abbozzata solo per archi (talora solo i primi violini) e ottoni, il Purgatorio della terza cartella è orchestrato solo per le prime trenta misure (ma presenta successivamente molte indicazioni per la strumentazione), la cartella senza titolo e insufficiente nella sezione centrale e la cartella indicata Finale presenta poche indicazioni sulla futura orchestrazione.  Per quanto riguarda le indicazioni di tempo, i segni d’espressione, di dinamica e le legature, perfino l’Adagio introduttivo ne difetta. “Sappiamo – chiosa Fournier – quanto per Mahler queste indicazioni fossero importanti, ma siamo anche coscienti della particolare devozione con cui Cooke e la sua equipe hanno svolto il loro lavoro”. Del resto, se la Decima appare come un “non ancora”, il musicologo Ernesto Napolitano sottolinea nel suo recente Forme dell’addio. L’ultimo Gustav Mahler (EDT) che questa Sinfonia incompiuta condivide un destino con il Canto della terra e la Nona, ovvero il fatto che mancano soprattutto “le correzioni che Mahler era solito apportare, insistenti e a volte non meno che ossessive, dopo le esecuzioni”. Se è vero, dunque, che la Nona e il Canto della terra sono opere complete, il fatto che non siano state eseguite mentre il compositore era ancora in vita allarga la questione del “rispetto della volontà definitiva dell’autore” anche a queste opere.

Come ci ricorda ancora Fournier-Facio, Boulez affermava che “la Dixieme de Mahler n’existe pas” (“la Decima di Mahler non esiste”). L’affermazione è vera se si adotta un punto di vista di estremo (e forse eccessivo) purismo. Più pragmaticamente, possiamo dire che essa esiste in una forma che è completa a livello di concezione globale e che è incompleta nei dettagli. La domanda cruciale è pero un’altra: quest’opera, in cui Cooke legge complessivamente un ritorno alla vita e all’amore rispetto al pervasivo clima di morte della Nona, è incompiuta – si chiede Napolitano – “per una morte temuta ma in fondo inaspettata” oppure porta con sé “lo stigma del frammentario”, ovvero l’incompiutezza come frutto di una volontà dell’autore? Questo non lo sapremo mai.

Daniele Gatti sceglie il Falstaff di Strehler per il suo ritorno con un’opera alla Scala

Il direttore milanese manca dalla buca scaligera dai Meistersinger del 2017, pur essendo tornato regolarmente in concerto. Lo spettacolo di Strehler è ripreso da Marina Bianchi,

protagonisti Ambrogio Maestri, Rosa Feola, Luca Micheletti, Marianna Pizzolato,

Juan Francisco Gatell, Martina Belli e Rosalia Cid.

Torna in scena con sette recite dal 16 gennaio al 7 febbraio Falstaffdi Giuseppe Verdi nello spettacolo concepito dal regista Giorgio Strehler e dallo scenografo Ezio Frigerio per l’inaugurazione della Stagione 1980/81 diretta da Lorin Maazel e più volte rappresentato sotto la direzione di Riccardo Muti. La regia è ripresa da Marina Bianchi.

Sul podio Daniele Gatti, che con l’ultimo capolavoro di Verdi torna a dirigere un’opera alla Scala dopo molti anni di presenza solo sinfonica: l’ultimo titolo furono Die Meistersinger von Nürnberg nel 2017. Gatti aveva già diretto Falstaff alla Scala nel 2015 nello spettacolo di Robert Carsen, e davvero l’opera torna come un appuntamento ricorrente in diverse fasi del suo percorso artistico: da spettatore in galleria alla Scala nel 1980, in versione semiscenica a Santa Cecilia nel 1997 a Bologna nel 2001 con la regia di Pizzi, poi alla Staatsoper di Vienna, a Zurigo, al Théâtre des Champs Elysées con la regia di Mario Martone nel 2010, a Londra nel 2012, con lo spettacolo di Carsen ripreso ad Amsterdam nel 2014 e alla Scala nel 2015.

Gatti, che lo scorso dicembre ha diretto la Petite Messe Solennelle di Rossini per il Concerto di Natale, sarà sul podio anche per due appuntamenti mahleriani: il 10, 14 e 16 febbraio per la Stagione Sinfonica con la Sinfonia n° 10 nel completamento di Deryck Cooke, e l’8 settembre con la Sinfonia n° 5 insieme alla Staatskapelle Dresden di cui è Direttore Principale dal 2024.

Nel ruolo del titolo torna Ambrogio Maestri, che alla Scala è stato Falstaff con Riccardo Muti nel 2001 e 2004, con Daniel Harding nel 2013 e con Zubin Mehta nel 2017, ma è stato presenza costante in un repertorio che va dall’Elisir d’amore a Adriana Lecouvreur. Attesissima Alice Ford è Rosa Feola, che dopo il debutto scaligero nella Gazza Ladra diretta da Chailly aveva cantato Nannetta nel Falstaff diretto da Zubin Mehta, prima di diventare una delle voci più apprezzate dal pubblico scaligero in un repertorio che va da Mozart a Rossini e Donizetti. Attesa anche per il ritorno alla Scala nei panni di Ford di Luca Micheletti: attore, regista e cantante, Micheletti è una delle figure più sorprendenti del panorama del teatro italiano di oggi. Miss Quickly è Marianna Pizzolato, una voce importante che alla Scala si è ascoltata soltanto nel Ritorno di Ulisse in patria nel 2011; Nannetta è Rosalia Cid, soprano cresciuto al Maggio Musicale e già ascoltata a Milano come Voce dal cielo e come Lisette nel Don Carlo e nella Rondine diretti da Riccardo Chailly, e il suo Fenton è Juan Francisco Gatell, tenore che alla Scala ha cantato in un repertorio che spazia dal Viaggio a Reims al Don Giovanni e a Lucia di Lammermoor. La terza comare, Meg Page, ha la voce del mezzosoprano Martina Belli, che tornerà in stagione anche come Maddalena in Rigoletto.     

Antonino Siragusa, dopo tante occasioni rossiniane, torna alla Scala nei panni del Dottor Cajus, mentre Bardolfo e Pistola sono Christian Collia e Marco Spotti.

L’8 gennaio alle 18 nel Ridotto dei Palchi Pietro Mioli terrà un incontro dal titolo “Elogio della leggerezza” per il ciclo “Prima delle prime” promosso dagli Amici della Scala. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi “A. Toscanini”, per gli spettatori muniti di biglietto si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Raffaele Mellace.

Falstaff – spiega il Maestro Gatti a Elisabetta Fava che lo ha intervistato per “La Scala – Rivista del Teatro” – è un unicum: non c’è niente di simile che lo preceda né che lo segua (a parte forse Gianni Schicchi); rimane una meravigliosa stella solitaria, che neanche Aida e Otello fanno presagire. La sua struttura, il dettato musicale che scorre, il trattamento delle voci non hanno precedenti. Sopravvivono ancora alcuni momenti incasellati come “arie”: il monologo di Ford; l’aria “Quand’ero paggio del duca di Norfolk”, una delle più brevi mai scritte; e ancora nell’ultimo quadro i due assoli di Fenton (il sonetto) e Nannetta (come regina delle fate). Ma pur essendo pezzi chiusi, sono pensati tutti in modo nuovo, come attimi di sospensione. Interessante anche che siano proprio i due giovani gli unici veri destinatari delle strutture tradizionali, perché in fondo anche il monologo di Ford è formalmente aperto”.

Maestri ricorda il suo primo Falstaff, costruito con Muti e Strehler, nell’intervista a Luca Baccolini, sempre sulla Rivista del Teatro: “Con Muti ho costruito il personaggio per quasi un anno, una cura, un cesello, una pazienza che oggi non esistono più. In pratica, ho avuto a disposizione la Scala per un anno, o meglio: per un anno hanno investito tempo ed energie su di me. Per costruire fisicamente il personaggio non hanno trascurato niente: con m’e lavorava Marise Flach, che ha collaborato a lungo con Strehler, una maestra nell’arte dell’espressione corporea. Mi fece provare e riprovare persino come mi alzavo dalla sedia o come aprivo una porta. Perché? Perché era evidente che all’epoca lo facevo come un trentenne. Oggi, che di anni ne ho 54, mi viene tutto più naturale”.

Al Teatro alla Scala la Petite messe con Daniele Gatti per celebrare il Natale

Tutto esaurito per il Maestro milanese che torna alla Scala il 21 dicembre con la versione per orchestra dell’ultimo capolavoro di Gioachino Rossini.

Cantano Mariangela Sicilia, Vasilisa Berzhanskaya, Yijie Shi e Michele Pertusi

Sabato 21 dicembre Daniele Gatti torna al Teatro alla Scala per dirigere il Concerto di Natale: sui leggii la Petite messe solennelle di Gioachino Rossini con un formidabile quartetto di solisti: Mariangela Sicilia, Vasilisa Berzhanskaya, Yijie Shi e Michele Pertusi insieme al Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Il Maestro ha scelto di portare alla Scala la versione orchestrale della Messa, originariamente concepita per soli, coro, due pianoforti e harmonium, che ha già diretto con i complessi di Santa Cecilia a Roma e in tournée, e finora mai eseguita al Piermarini.

Daniele Gatti, che lo scorso aprile ha diretto la Filarmonica nella Nona di Mahler per la Stagione Sinfonica del Teatro, tornerà alla Scala nei prossimi mesi con altri tre appuntamenti. Il primo, dal 16 gennaio, è Falstaff di Giuseppe Verdi nella ripresa del celebre allestimento di Giorgio Strehler che aprì la Stagione 1980/81 con Lorin Maazel sul podio e fu più volte ripreso da Riccardo Muti. L’ultima opera diretta da Gatti alla Scala sono Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner nel 2017, ma nel 2015 aveva lasciato il segno la sua lettura proprio di Falstaff, nell’allestimento di Robert Carsen. Dal 10 febbraio Gatti tornerà a Mahler dirigendo la Decima sinfonia nella ricostruzione di Deryck Cooke per la Stagione Sinfonica: l’8 settembre sarà la volta della Quinta con la Sächsische Staatskapelle Dresden, di cui da quest’anno il Maestro è Direttore Principale.

Ma l’interesse del concerto di Natale si concentra anche sulle voci: dopo le prove come Magda nella Rondine diretta da Riccardo Chailly e nel recente concerto per il Centenario, Mariangela Sicilia si è imposta come autentica rivelazione dell’anno pucciniano, ed è particolarmente attesa a questo appuntamento con Rossini. Rossini è autore d’elezione per Vasilisa Berzhanskaya, che si è messa in luce in recenti apparizioni al ROF ed è in questi giorni applauditissima Preziosilla nella Forza del destino diretta da Riccardo Chailly alla Scala, in attesa di tornare come Adalgisa in Norma diretta da Fabio Luisi. Legato al ROF è anche Yijie Shi, proveniente dalla locale Accademia Rossiniana e oggi ospite regolare di teatri come il Metropolitan, San Francisco, la Fenice di Venezia e il Maggio Fiorentino. Infine, proprio a un Concerto di Natale, quello del 1997 diretto da Riccardo Muti, risale il debutto scaligero del grande Michele Pertusi (che riascolteremo presto come Oroveso in Norma): sui leggii c’erano la preghiera da Mosé di Rossini ma anche La forza del destino con ‘La vergine degli angeli’ che lo vedeva accanto ad Andrea Rost.

Rossini scrisse la Petite messe solennelle a Passy nel 1863 per coro, soli, due pianoforti e harmonium. Dei cosiddetti Péchés de vieillesse questa pagina condivide le dimensioni intime e il garbo ironico, sottolineato dalle numerose e celebri annotazioni d’autore culminanti nella celebre lettera al buon Dio: “Bon Dieu, La voilà terminée cette pauvre petite Messe. Est-ce bien de la musique sacrée que je viens de faire ou bien de la Sacrée musique? J’étais né pour L’Opera Buffa, tu Le sais bien! Peu de science un peu de coeur tout est la. Sois donc Beni, et accorde moi Le Paradis”. L’ironia non cancella tuttavia un’ispirazione religiosa autentica e accorata, e le dimensioni ridotte non diminuiscono il valore musicale di un capolavoro che i grandi compositori del primo Novecento avrebbero sentito come un’anticipazione. Sempre legato alla prima versione cameristica, Rossini desiderava nondimeno che la sua espressione di fede potesse essere eseguita in chiesa e per questo era necessaria un’orchestrazione. Le testimonianze ci parlano di un compositore preoccupato che altri potessero orchestrare la Messa dopo la sua morte e insieme riluttante ad accettare la prassi liturgica del tempo, che vietava a voci dei due sessi di cantare fianco a fianco in chiesa. Di fatto la nuova versione, ultimata presumibilmente nel 1867, non fu eseguita se non nel 1869, dopo la morte di Rossini e non in una basilica ma al Théâtre Italien.  

Sabato 21 dicembre 2024 ~ ore 20

Concerto di Natale

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Daniele Gatti, direttore

Mariangela Sicilia, soprano

Vasilisa Berzhanskaya, mezzosoprano

Yijie Shi, tenore

Michele Pertusi, basso

Gioachino Rossini

Petite messe solennelle

per quattro voci, coro e orchestra

Alberto Malazzi, Maestro del Coro

Prezzi: da 180 a 30 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Al Teatro alla Scala la Petite messe con Daniele Gatti per celebrare il Natale

Tutto esaurito per il Maestro milanese che torna alla Scala il 21 dicembre

con la versione per orchestra dell’ultimo capolavoro di Gioachino Rossini.

Cantano Mariangela Sicilia, Vasilisa Berzhanskaya, Yijie Shi e Michele Pertusi

Sabato 21 dicembre Daniele Gatti torna al Teatro alla Scala per dirigere il Concerto di Natale: sui leggii la Petite messe solennelle di Gioachino Rossini con un formidabile quartetto di solisti: Mariangela Sicilia, Vasilisa Berzhanskaya, Yijie Shi e Michele Pertusi insieme al Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Il Maestro ha scelto di portare alla Scala la versione orchestrale della Messa, originariamente concepita per soli, coro, due pianoforti e harmonium, che ha già diretto con i complessi di Santa Cecilia a Roma e in tournée, e finora mai eseguita al Piermarini.

Daniele Gatti, che lo scorso aprile ha diretto la Filarmonica nella Nona di Mahler per la Stagione Sinfonica del Teatro, tornerà alla Scala nei prossimi mesi con altri tre appuntamenti. Il primo, dal 16 gennaio, è Falstaff di Giuseppe Verdi nella ripresa del celebre allestimento di Giorgio Strehler che aprì la Stagione 1980/81 con Lorin Maazel sul podio e fu più volte ripreso da Riccardo Muti. L’ultima opera diretta da Gatti alla Scala sono Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner nel 2017, ma nel 2015 aveva lasciato il segno la sua lettura proprio di Falstaff, nell’allestimento di Robert Carsen. Dal 10 febbraio Gatti tornerà a Mahler dirigendo la Decima sinfonia nella ricostruzione di Deryck Cooke per la Stagione Sinfonica: l’8 settembre sarà la volta della Quinta con la Sächsische Staatskapelle Dresden, di cui da quest’anno il Maestro è Direttore Principale.

Ma l’interesse del concerto di Natale si concentra anche sulle voci: dopo le prove come Magda nella Rondine diretta da Riccardo Chailly e nel recente concerto per il Centenario, Mariangela Sicilia si è imposta come autentica rivelazione dell’anno pucciniano, ed è particolarmente attesa a questo appuntamento con Rossini. Rossini è autore d’elezione per Vasilisa Berzhanskaya, che si è messa in luce in recenti apparizioni al ROF ed è in questi giorni applauditissima Preziosilla nella Forza del destino diretta da Riccardo Chailly alla Scala, in attesa di tornare come Adalgisa in Norma diretta da Fabio Luisi. Legato al ROF è anche Yijie Shi, proveniente dalla locale Accademia Rossiniana e oggi ospite regolare di teatri come il Metropolitan, San Francisco, la Fenice di Venezia e il Maggio Fiorentino. Infine, proprio a un Concerto di Natale, quello del 1997 diretto da Riccardo Muti, risale il debutto scaligero del grande Michele Pertusi (che riascolteremo presto come Oroveso in Norma): sui leggii c’erano la preghiera da Mosé di Rossini ma anche La forza del destino con ‘La vergine degli angeli’ che lo vedeva accanto ad Andrea Rost.

Rossini scrisse la Petite messe solennelle a Passy nel 1863 per coro, soli, due pianoforti e harmonium. Dei cosiddetti Péchés de vieillesse questa pagina condivide le dimensioni intime e il garbo ironico, sottolineato dalle numerose e celebri annotazioni d’autore culminanti nella celebre lettera al buon Dio: “Bon Dieu, La voilà terminée cette pauvre petite Messe. Est-ce bien de la musique sacrée que je viens de faire ou bien de la Sacrée musique? J’étais né pour L’Opera Buffa, tu Le sais bien! Peu de science un peu de coeur tout est la. Sois donc Beni, et accorde moi Le Paradis”. L’ironia non cancella tuttavia un’ispirazione religiosa autentica e accorata, e le dimensioni ridotte non diminuiscono il valore musicale di un capolavoro che i grandi compositori del primo Novecento avrebbero sentito come un’anticipazione. Sempre legato alla prima versione cameristica, Rossini desiderava nondimeno che la sua espressione di fede potesse essere eseguita in chiesa e per questo era necessaria un’orchestrazione. Le testimonianze ci parlano di un compositore preoccupato che altri potessero orchestrare la Messa dopo la sua morte e insieme riluttante ad accettare la prassi liturgica del tempo, che vietava a voci dei due sessi di cantare fianco a fianco in chiesa. Di fatto la nuova versione, ultimata presumibilmente nel 1867, non fu eseguita se non nel 1869, dopo la morte di Rossini e non in una basilica ma al Théâtre Italien.  

Sabato 21 dicembre 2024 ~ ore 20

Concerto di Natale

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Daniele Gatti, direttore

Mariangela Sicilia, soprano

Vasilisa Berzhanskaya, mezzosoprano

Yijie Shi, tenore

Michele Pertusi, basso

Gioachino Rossini

Petite messe solennelle

per quattro voci, coro e orchestra

Alberto Malazzi, Maestro del Coro

Prezzi: da 180 a 30 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Sabato 2 novembre, alle ore 15.30 in sala Grande, l’ultima recita di “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini.

Sul podio il direttore principale Daniele Gatti; la regia è di Lorenzo Mariani.

In scena, nelle parti principali, Carolina López Moreno come Cio-Cio-San; Nicola Alaimo interpreta SharplessSuzuki è interpretata Marvic Monreal.

Il tenore Vincenzo Costanzo subentra nella parte di F. B. Pinkerton e taglia il traguardo di 330 recite sostenute nel corso della sua carriera

Sabato 2 novembre, alle ore 15.30, in Sala Grande, è in cartellone l’ultima recita di Madama Butterfly di Giacomo Puccini: lo spettacolo, accolto con grandissimo calore ed entusiasmo dal pubblico che ha affollato il Teatro in ognuna delle recite sino ad ora andate in scena. Sul podio, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il direttore principale Daniele Gatti; la regia è curata da Lorenzo Mariani; il direttore del Coro è Lorenzo Fratini

Sul palcoscenico, nella parte della protagonista Cio-Cio-San, Carolina López Moreno.  Vincenzo Costanzo, reduce dal successo della Tosca che ha chiuso la programmazione lirica dello scorso 86º Festival del Maggio, interpreta F.B. Pinkerton, subentrando a Piero Pretti; Nicola Alaimo veste i panni del console Sharpless mentre Marvic Monreal è Suzuki. Goro e lo Zio Bonzo sono interpretati rispettivamente da Oronzo D’Urso, e Bozhidar BozhkilovMin Kim e Elizaveta Shuvalova vestono i panni del Principe Yamadori e di Kate Pinkerton; Davide Sodini è Il Commissario imperiale. Chiude il cast un nutrito gruppo di artisti del Coro del Maggio: Giovanni Mazzei è Lo zio Yakusidé; Egidio Massimo Naccarato è L’ufficiale del registro, Thalida Marina FogarasiPaola Leggeri e Nadia Pirazzini sono rispettivamente La zia, La cugina e La madre della protagonista Cio-Cio-San. 

Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Silvia Aymonino e le luci di Marco Filibeck

Parlando del personaggio da lui interpretato e del suo ritorno al Maggio nel volgere di pochi mesi dopo la Tosca dello scorso giugno, Vincenzo Costanzo ha sottolineato le sue emozioni nel vestire nuovamente i panni di Pinkerton, personaggio chiave della sua carriera a cui ha dato voce in ben 329 occasioni in tutto il mondo prima di quest’ultima a Firenze: “Sono davvero felice di essere qui a Firenze dove dieci anni fa, nel febbraio del 2014, ho interpretato per la prima volta il ruolo di F.B. Pinkerton. Mi fu data questa possibilità all’età di 22 anni e ora ho nuovamente l’opportunità di portare in scena questo personaggio che mi ha accompagnato in tutta la mia carriera: quella del 2 novembre, mi sembra quasi incredibile, sarà quindi la 330ª volta che darò voce a Pinkerton. Ricordo ancora bene la mia prima produzione di Madama Butterfly con la direzione di Juraj Valčuha e la regia di Fabio Ceresa, con Fiorenza Cedolins nel ruolo di Cio-Cio-San; fu davvero una grandissima emozione. Ringrazio quindi la sovrintendenza e Daniele Gatti che mi hanno voluto: mi sento davvero onorato di essere di nuovo qui al Maggio e di prendere parte a questa magnifica produzione, con la direzione strepitosa del maestro Gatti, la bellissima regia di Lorenzo Mariani e dove dunque, più di 10 anni dopo, continuo il mio percorso ‘insieme’ a Pinkerton.” 

La locandina:

GIACOMO PUCCINI

MADAMA  BUTTERFLY

Tragedia giapponese in tre atti (da John L. Long e David Belasco)

Libretto di Luigi Illica  e Giuseppe Giacosa

Edizione: Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Boca Raton, Florida

Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro concertatore e direttore DANIELE GATTI

Regia LORENZO MARIANI

Scene Alessandro Camera

Costumi Silvia Aymonino

Luci Marco Filibeck

Madama Butterfly (Cio-Cio-San) Carolina López Moreno

Suzuki Marvic Monreal

Kate Pinkerton Elizaveta Shuvalova

F. B. Pinkerton Vincenzo Costanzo

Sharpless Nicola Alaimo

Goro Oronzo D’Urso

Il principe Yamadori Min Kim

Lo zio Bonzo Bozhidar Bozhkilov

Yakusidé Giovanni Mazzei

Il Commissario imperiale Davide Sodini

L’Ufficiale del registro Egidio Massimo Naccarato

La madre di Cio-Cio-San Nadia Pirazzini

La zia Thalida Marina Fogarasi

La cugina Paola Leggeri

ORCHESTRA E CORO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Assistente regia Francesco Bonati

Aiuto scenografo Francesca Amato

Costumista collaboratrice Maria Antonietta Lucarelli

Assistente Light designer Jenny Cappelloni

Figuranti speciali Mengjie Yang, Zhiming Ouyang

Bambine Elena Tirinnanzi, Clelia Succu

Sopratitoli in italiano e inglese a cura di Prescott Studio, Firenze

Le quattro sinfonie di Johannes Brahms al Maggio: sabato 26 ottobre 2024 alle ore 20, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 e la Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98

Alla guida dell’Orchestra del Maggio, sul podio della Sala Mehta, il direttore principale Daniele Gatti

In cartellone, sabato 26 ottobre 2024 alle ore 20, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73
e la Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98 con le quali il maestro Gatti conclude il ciclo dedicato a Johannes Brahms

Si informa il gentile pubblico che i posti per il concerto sono in rapida fase di esaurimento e sono ancora solo disponibili i biglietti per le poltrone in tribuna Coro

Dopo i grandi successi dei concerti del 10 e del 17 ottobre, volge al termine il ciclo – con il direttore principale Daniele Gatti alla testa dell’Orchestra del Maggio – dedicato a Johannes Brahms con il “Requiem tedesco” e le quattro sinfonie.

In apertura al concerto di sabato 26 ottobre alle ore 20, in Sala Mehta, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73. La velocità con cui Brahms realizzò la nuova composizione fu sorprendente se paragonata alla lunghissima gestazione del suo primo sforzo sinfonico. Se la Sinfonia n. 1 era stata salutata come ‘Decima sinfonia’, alludendo all’eredità beethoveniana di cui Brahms era custode e garante, la Seconda fu denominata sia ‘pastorale’, per il carattere prevalentemente lirico e melodico, sia ‘viennese’, per il ritmo di valzer presente in due dei quattro movimenti.
Il concerto prosegue con la Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98: dopo dieci anni dalla sua prima prova in campo sinfonico, Brahms aveva ormai confermato il suo valore dopo aver costruito passo dopo passo il proprio linguaggio nel segno della classicità rivista attraverso la sensibilità romantica. Nella Sinfonia n. 4 il virtuosismo compositivo si sposa a una cantabilità intrisa di malinconia dando vita a un discorso musicale dove ogni idea tematica viene plasmata meticolosamente prima di trovare la sua collocazione ideale.

Il programma:

JOHANNES BRAHMS

Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73

Era trascorso appena un anno dalla presentazione della Sinfonia n. 1 quando nell’estate del 1877, sulle sponde del lago di Wörth in Carinzia, vide la luce la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73. La rapidità con cui Brahms realizzò la nuova composizione fu sorprendente se paragonata alla lunghissima gestazione, durata quasi un ventennio, che accompagnò la sua prima creatura sinfonica. Se la Prima era stata salutata come ‘Decima sinfonia’, alludendo all’eredità beethoveniana di cui Brahms era custode e garante, la Seconda fu denominata sia ‘pastorale’, per il carattere prevalentemente lirico e melodico, sia ‘viennese’, per il ritmo di valzer presente in due dei quattro movimenti. L’incipit dell’opera è un motto di sole tre note intonato dagli archi gravi a cui rispondono corni, fagotti, flauti e clarinetti. Potrebbe sembrare un’introduzione ma in realtà è già il tassello fondamentale con cui Brahms costruisce il primo tema e da lì l’intero discorso sinfonico. L’Adagio seguente è una pagina di intenso lirismo che accoglie le sonorità cameristiche di fiati e archi al ritmo cullante di berceuse, mentre l’Allegretto grazioso con i suoi due Trii si muove spensierato a passo di danza bucolica. Nell’ultimo movimento, a sancire il collegamento con l’inizio della sinfonia, ecco ricomparire il motto iniziale di tre note che Brahms trasforma con innumerevoli combinazioni ritmico-melodiche nel tripudio generale dell’orchestra.

Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
Durante le vacanze estive del 1884 e del 1885 Brahms attese alla composizione della Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98, l’ultima del suo catalogo. A dieci anni di distanza dalla sua prima e temutissima prova in campo sinfonico, Brahms aveva ormai confermato il suo valore sul campo dopo aver costruito passo dopo passo il proprio linguaggio nel segno della classicità rivista attraverso la sensibilità romantica. Nella Sinfonia n. 4 il virtuosismo compositivo si sposa a una cantabilità intrisa di malinconia dando vita a un discorso musicale dove ogni idea tematica viene plasmata meticolosamente prima di trovare la sua collocazione ideale. Il primo movimento, ad esempio, è costruito interamente a partire da un intervallo di terza e dal suo rivolto; si tratta di materiali minimi che tra le mani di un artigiano delle note come Brahms vengono sfruttati in tutte le loro possibilità. Anche il secondo tema è costruito su intervalli di terza, così come tutte le altre idee tematiche che sembrano germogliare da quel medesimo seme dalle potenzialità infinite. E se nell’Allegro iniziale il compositore costruisce con pochi e semplici intervalli un intero e complesso movimento, nel grandioso Allegro finale decide di sfoggiare il più alto magistero contrappuntistico. Brahms chiude infatti il capitolo, breve ma intenso, della sua produzione sinfonica con una Ciaccona (una serie di variazioni su un basso ostinato) basata su un tema derivato dalla Cantata BWV 150 di Bach. Una scelta che celebra la tradizione musicale di appartenenza e stabilisce, al tempo stesso, il punto di non ritorno del sinfonismo romantico.

La locandina:

JOHANNES BRAHMS
Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73
Allegro non troppo/ Adagio non troppo/
Allegretto grazioso (quasi Andantino). Presto ma non assai. Tempo I/Allegro con spirito

Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
Allegro non troppo/Andante moderato/Allegro giocoso/Allegro energico e passionato

Direttore
Daniele Gatti

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Prezzi:
Settore D: 20€; Settore C: 35€; Settore B: 50€; Settore A: 70€

Durata complessiva 2 ore circa (intervallo incluso)