Al Teatro La Fenice nell’ambito del Carnevale di Venezia : Rigoletto di Giuseppe Verdi, regia di Damiano Michieletto, direttore Daniele Callegari

Nel cast Luca Salsi, Ivan Ayon Rivas e Maria Grazia Schiavo

E al termine della replica di San Valentino sarà possibile partecipare su prenotazione ad

una cena romantica nelle Sale Apollinee

Rigoletto di Giuseppe Verdi torna in sena al Teatro La Fenice nell’ambito della Stagione Lirica e Balletto 2024-2025. Questo amatissimo titolo del grande repertorio sarà ripreso in laguna nell’allestimento che Damiano Michieletto realizzò nel 2017 per l’Opera Nazionale di Amsterdam, poi presentato a Venezia nel settembre 2021 in un regime anti-covid segnato dal distanziamento sociale e da limitazioni di capienza: viene ora finalmente riproposto affinché un pubblico ancora più vasto ne possa godere.

In questa suggestiva messinscena, il regista veneziano, coadiuvato dallo scenografo Paolo Fantin, dal costumista Agostino Cavalca, dal light designer Alessandro Carletti e dal video designer Roland Horvath, ambienta la tragica azione in un manicomio, dove il buffone di corte è stato rinchiuso dopo essere impazzito di dolore per aver involontariamente provocato la morte della figlia. Sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice ci sarà uno specialista del repertorio quale è Daniele Callegari, che guiderà un cast composto da tre interpreti principali di grandissimo richiamo: Luca Salsi in alternanza con Dalibor Janis nel ruolo del titolo; Ivan Ayon Rivas in alternanza con Davide Giusti nel ruolo del duca di Mantova; e Maria Grazia Schiavo in alternanza con Lucrezia Drei nel ruolo di Gilda.

Lo spettacolo sarà in scena al Teatro La Fenice il 7, 9, 11, 14, 16, 19, 23, 25 e 28 febbraio 2025.

            L’opera va in scena nel contesto delle manifestazioni per il Carnevale di Venezia 2025. Inoltre, in concomitanza della replica che cade nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio 2025, la Fenice propone, al termine dello spettacolo, una cena romantica per gli innamorati nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice per informazioni e prenotazioni, info@festifenice.it, telefono 041 786672.

Rigoletto esordì al Teatro La Fenice l’11 marzo 1851. Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave tratto dal dramma storico di Victor Hugo Le Roi s’amuse, l’opera giunse sulla scena dopo una serie di vicissitudini legate alle interdizioni della censura, che riteneva inaccettabile il ruolo negativo attribuito a un sovrano, indecoroso il soggetto ed empia la maledizione. Ma Verdi era entusiasta della pièce di Hugo – «è il più gran soggetto e forse il più gran dramma de’ tempi moderni. Tribolet è creazione degna di Shakespeare!» – e riuscì a portare in scena il lavoro incontrando subito il favore del pubblico, anche se non quello della critica, disorientata dall’eccentricità del testo.

Prima opera della cosiddetta ‘trilogia popolare’ con Il trovatore e La traviata, l’opera segna una svolta nell’evoluzione artistica di Verdi; lo stesso personaggio di Rigoletto, buffone ma triste, rancoroso e provocatore ma dolorosamente afflitto, dipinto da Verdi in tutto lo spessore tragico della sua condizione umana, rappresenta una vistosa eccezione in un panorama operistico che distingueva con molto maggior rigore fra misera abiezione e immacolata virtù. Proprio dalla necessità di potenziare la caratterizzazione del personaggio principale muove il rinnovamento operato dalla drammaturgia verdiana intorno a convenzioni radicate: «Cortigiani, vil razza dannata» è l’esempio memorabile che sancisce la nascita di una nuova voce per il melodramma italiano, quella ‘spinta’ del baritono verdiano, dal potente declamato.

«Al centro di questo progetto sta il rapporto tra un padre e una figlia – spiega il regista Damiano Michieletto –. Di tutti gli elementi che si possono sottolineare in una lettura registica di Rigoletto, quello che ho scelto come motore di tutta la storia è la maledizione, che è anche il titolo originale dell’opera e viene ripetutamente evocata fino alla fine. La maledizione si collega al fatto che Rigoletto scopre di essere responsabile della morte della figlia. Il piano che lui ha ordito per uccidere il duca gli si ritorce contro e provoca la morte della sua amata Gilda. Quindi lui si sente colpevole di aver distrutto l’unica cosa preziosa che aveva nella sua vita. Mi sono chiesto che reazione può provocare in un uomo una tragedia come questa. In più l’uomo in questione vive in una condizione di estrema solitudine, non ha parenti né amici, ha solo questa figlia sulla quale riversa tutte le sue attenzioni in maniera morbosa. La consapevolezza di essere causa della sua morte produce in lui la perdita di qualsiasi possibilità di tornare a essere quello che era prima, alla vita precedente, che peraltro lui odiava con tutto se stesso. Odiava il duca, così come detestava la sua condizione di idiota o buffone che dir si voglia. E dunque provoca in lui la follia: rivive tutta la storia come una sorta di lungo flashback. L’impostazione dunque è questa: tutta la vicenda è vista dal punto di vista di Rigoletto, che ricorda con l’ossessione di una mente malata questa tragedia di cui si sente responsabile. Non riesce a liberarsi del senso di colpa che lo opprime e perde ogni contatto con la realtà diventando per così dire il buffone di se stesso. È come se, pur respirando ancora, non fosse più vivo ma solo il fantasma di quello che era stato».

«Il tema della maledizione ricorre con insistenza – commenta il direttore d’orchestra Daniele Callegari – e lo si avverte durante tutto il percorso che conduce al finale. Insiste sul ‘pedale’ di do. Tutti coloro che vi hanno a che fare presentano una scrittura scura, a cominciare da Monterone, che la introduce e che guarda caso è un basso. Ma è la tinta predominante di Rigoletto a essere scura, è sufficiente pensare al duetto tra Sparafucile e il protagonista. La mia intenzione, vista anche l’impostazione forte e marcata della regia di Damiano Michieletto, è di darne una lettura moderna e contemporanea. Se ci si basa, come io faccio abitualmente quando dirigo un’opera di Verdi, sul materiale dell’edizione critica, fuoriesce maggiormente la verità verdiana, e ci si discosta dalle puntature di tradizione».

Nel cast di Rigoletto alla Fenice figureranno Luca Salsi in alternanza con Dalibor Janis nel ruolo del titolo; Ivan Ayon Rivas in alternanza con Davide Giusti nel ruolo del duca di Mantova; e Maria Grazia Schiavo in alternanza con Lucrezia Drei nel ruolo di Gilda. Mattia Denti sarà Sparafucile; Marina Comparato, Maddalena; Carlotta Vichi, Giovanna; Gianfranco Montresor, il conte di Monterone; Armando Gabba, Marullo; Roberto Covatta, Matteo Borsa; Matteo Ferrara e Rosanna Lo Greco, il conte e la contessa di Ceprano.

Maestro del Coro Alfonso Caiani. Regia ripresa da Eleonora Gravagnola.

Ecco il dettaglio delle recite con orari e turni di abbonamento:

venerdì 7 febbraio 2025 ore 19.00 (turno A);

domenica 9 febbraio ore 15.30 (turno B);

martedì 11 febbraio ore 19.00 (turno D);

venerdì 14 febbraio ore 19.00;

domenica 16 febbraio ore 15.30 (turno C);

mercoledì 19 febbraio ore 19.00;

domenica 23 febbraio ore 15.30;

martedì 25 febbraio ore 19.00 (turno E);

venerdì 28 febbraio ore 19.00.

Primo appuntamento della Stagione Lirica 2025 dell’Opera Carlo Felice Genova con : La traviata.

Il melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave da La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, sarà in scena da domenica 12 gennaio alle ore 20.00.

Maestro concertatore e direttore Renato Palumbo, regia Giorgio Gallione, scene e costumi Guido Fiorato, coreografie DEOS, luci Luciano Novelli. Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice. Maestro del Coro Claudio Marino Moretti.

A dare vita ai protagonisti: Carolina López Moreno /Elena Schirru (Violetta Valery), Carlotta Vichi (Flora Bervoix), Chiara Polese (Annina), Francesco Meli / Klodjan Kaçani (Alfredo Germont), Roberto Frontali / Leon Kim (Giorgio Germont), Roberto Covatta (Gastone), Claudio Ottino (Barone Douphol), Andrea Porta (Marchese d’Obigny), Francesco Milanese (Dottor Grenvil), Loris Purpura (Domestico di Flora), Giuliano Petouchoff (Giuseppe), Filippo Balestra (Commissionario).

Lo spettacolo sarà in replica martedì 14 gennaio alle ore 20.00, mercoledì 15 alle ore 20.00, giovedì 16 alle ore 20.00, venerdì 17 alle ore 20.00, sabato 18 alle ore 15.00 e domenica 19 alle ore 15.00.

La traviata fa parte, insieme a Rigoletto e al Trovatore, della cosiddetta “trilogia popolare” di Giuseppe Verdi. Le tre opere risalgono ai primi anni Cinquanta dell’Ottocento, e rappresentano un momento di svolta nel percorso artistico del compositore. Era l’inizio del 1853, Verdi iniziava la composizione per il Teatro La Fenice di Venezia con il librettista Francesco Maria Piave per adattare il dramma teatrale tratto da La Dame aux camélias, romanzo pubblicato da Alexandre Dumas figlio e già best seller a livello europeo.

Il soggetto ispirato alla vera storia della cortigiana Marie Duplessis aveva molto colpito Verdi, che tuttavia era consapevole delle possibili controversie: la trama era ambientata nella contemporaneità, e venivano trattate tematiche che facilmente si sarebbero scontrate con certe forme di moralismo.

Dopo la prima rappresentazione, il 6 marzo 1853, La traviata iniziò a circolare in tutta Italia (anche se in parte censurata). L’opera ricevette non poche critiche, ma il suo fascino conquistò presto il pubblico, ad oggi è uno dei titoli d’opera più amati e rappresentati al mondo. La portata rivoluzionaria della Traviata si trova sia nelle tematiche – la storia d’amore della protagonista, Violetta, una donna di mondo dalla psicologia complessa raccontata con straordinaria umanità – sia nelle tecniche compositive. Elemento centrale è la profonda introspezione, l’anima dei protagonisti viene esplorata sia dalla drammaturgia sia dalla musica con una coesione unica, dando al pubblico la possibilità di immergersi nella realtà di un amore tragico e senza tempo.

«Con La traviata Verdi sceglie la strada della semplicità – dice Renato Palumbo. Semplice è la trama, semplice la scrittura musicale. Semplice, colloquiale, moderno e illuminato è il libretto di un ispirato Francesco Maria Piave, sicuramente marcato stretto però dall’implacabile Verdi.

Dietro questa semplicità si nasconde un mondo meraviglioso fatto di solitudine, di passione e soprattutto di dolore. Il dolore affettivo ma anche il dolore fisico. Il dolore è quindi presente dalla prima all’ultima nota dell’opera. Il Direttore ha il difficile compito di narrare e creare quest’atmosfera ricercata da Verdi, pensando alla scrittura musicale ma soprattutto alla parola verdiana che in quest’opera diventa quella della quotidianità. Con la sua forza e, in questo caso, con i suoi grandi silenzi. Così sarà la mia lettura di Traviata, un omaggio al ricordo della breve e intensa vita di Marie Duplessis, cortigiana morta sola a Parigi il 3 febbraio del 1847, della quale Verdi più degli altri capì la sofferenza e che cercò di rendere immortale con un’opera perfetta». 

Commenta Giorgio Gallione: «È noto che Verdi pensò La traviata come un’opera contemporanea: uno spietato inno alla vita ambientato nel presente di allora, senza orpelli o simbolismi, di una moderna, audace, ardente interiorità. Con Guido Fiorato, scenografo e costumista, abbiamo pensato di ambientare l’opera in un luogo stilizzato, antirealistico, sterile, dove dominano vetro e ghiaccio, virato in un bianco e nero “ferito”, solo talvolta, dal rosso del sangue e della vita che, comunque, pulsa. Forse Violetta muore già nel preludio e l’opera è tutto un allucinato flashback visionario e spettrale. Siamo, anche nei momenti di gioia, imprigionati in una sorta di perenne moritat dove, grazie alla musica di Verdi, il dolore è trasfigurato in modo sublime».

Biografie

Renato Palumbo ha studiato Canto, Direzione d’orchestra e coro, Pianoforte e Composizione debuttando sul podio appena diciannovenne con Il trovatore. Intraprende così un’intensa carriera che lo vede interprete di un vasto repertorio nei principali teatri italiani e internazionali, quali Scala di Milano, Opéra di Parigi, Covent Garden di Londra, i Festival di Pesaro e di Martina Franca. Ha diretto inoltre a Washington, Chicago, Berlino, Tokio, Bilbao, Barcellona, Genova, Torino, Parma, Venezia, Verona, Firenze, Napoli, Bari. Il rispetto assoluto della partitura, vissuto con spirito rigoroso ma non dogmatico è alla base di un percorso di ricerca concentrato sulla dimensione drammaturgica dell’opera e sulla sua evoluzione di respiro europeo. In Italia negli ultimi mesi ha diretto Il trovatore al Teatro Comunale di Bologna, Il corsaro al Carlo Felice, Rigoletto al Teatro Petruzzelli di Bari, Turandot al Festival Pucciniano, Manon Lescaut nell’ambito del Festival Manon Manon Manon del Teatro Regio di Torino, La traviata al Teatro del Maggio Fiorentino. Prossimi impegni: La traviata al Carlo Felice e  Il barbiere di Siviglia al Teatro La Fenice di Venezia e al Teatro Comunale di Bologna.

Giorgio Gallione, regista e drammaturgo, è stato il Direttore artistico del Teatro dell’Archivolto dal 1986 sino alla fusione con il Teatro Stabile di Genova, dando vita nel 2018 al Teatro Nazionale di Genova, per il quale è stato fino al 2021 il regista stabile e consulente artistico. Diplomato nel 1980 alla Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova, inizia la sua attività di regista nel 1981 con Il matrimonio di Brecht e Valentin. In campo operistico ha firmato regie per teatri quali La Scala di Milano (Vita di Tutino), Regio di Torino (La rondine, Tamerlano, Street Scene, Nella colonia penale, Un tram che si chiama desiderio), Arena di Verona (Dylan Dog e Peter Uncino di Tutino), Regio di Parma (Dinorah), Teatro dell’Opera di Roma (Il gatto con gli stivali di Tutino), Teatro Massimo di Palermo (Simon Boccanegra), Comunale di Bologna (Il prigioniero di Dallapiccola e Risorgimento di Ferrero). Con l’Opera Carlo Felice ha lavorato per Candide di Bernstein, per una versione del Barbiere di Siviglia con narratore Maurizio Crozza, e ha firmato le regie della Traviata e della Rondine.

Biglietti 12/01

I settore: 100,00 euro

II settore: 80,00 euro

III settore: 60,00 euro

IV settore: 50,00 euro

V settore: 35,00 euro

Under 30*: 25,00 euro

Under 18*: 15,00 euro

*tutti i settori

Per ulteriori informazioni: www.operacarlofelicegenova.it

Venerdì 22 novembre La traviata di Giuseppe Verdi torna in scena a Venezia nello storico allestimento che inaugurò la prima Stagione della Fenice ricostruita

regia di Robert Carsen ripresa da Christophe Gayral

e direzione musicale di Diego Matheuz

Sarà un momento di grande suggestione quello che vedrà il ritorno sulle scene del Teatro La Fenice della Traviata di Giuseppe Verdi nello storico allestimento – divenuto ormai un simbolo del Teatro veneziano – che nel novembre 2004, esattamente vent’anni fa, inaugurò la prima Stagione lirica della Fenice ricostruita dopo il disastroso incendio del 1996.

Ispirata al dramma in abiti contemporanei di Alexandre Dumas fils, presentato a Parigi nel 1852, La traviata sarà proposta in quell’incisivo allestimento – anch’esso in abiti contemporanei – del regista canadese Robert Carsen, con le scene e i costumi di Patrick Kinmonth, la coreografia di Philippe Giraudeau e il light design di Robert Carsen e Peter Van Praet.

La regia sarà ripresa da Christophe Gayral. Alla testa di Orchestra e Coro del Teatro La Fenice un graditissimo ritorno, quello di Diego Matheuz, che guiderà un cast composto per i ruoli principali da Marina Monzò, che debutta nel ruolo di Violetta, Francesco Demuro e Nicola Alaimo.

Quattro le recite in programma al Teatro La Fenice, nell’ambito della Stagione Lirica e Balletto 2024-2025: il 22, 24, 27 e 30 novembre 2024.

            «Quando questo allestimento della Traviata debuttò alla Fenice – racconta il sovrintendente e direttore artistico Fortunato Ortombina – lavoravo alla Scala e non ero ancora approdato in laguna. Venni appositamente da Milano a vederla, e ricordo che ebbe un effetto dirompente, divise il pubblico e ricevette anche diversi fischi. Passato qualche anno, il Teatro la ripropose, ma anche allora il successo fu inferiore alle aspettative. Quando fui nominato direttore artistico, alla fine del 2007, l’allora sovrintendente mi chiese di pensare a una Traviata diversa. Prima di archiviare uno spettacolo del genere, però, domandai che mi lasciassero fare un ultimo tentativo, coinvolgendo un direttore che credesse a quel progetto, per me meraviglioso. Conoscevo già Myung-Whun Chung, e fu proprio a lui che proposi di riprendere lo spettacolo, perché a mio parere era l’unico in grado di ridargli la vita che meritava. Era il settembre del 2009, fu un trionfo e la nostra Traviata grazie al grande Maestro coreano riprese vita, come dimostra il fatto che gode ancora di ottima salute, tanto da essere ormai considerata un must del teatro d’opera e perciò inserita, anni dopo, tra i dieci migliori spettacoli lirici al mondo da un prestigioso sito culturale francese. Non è un caso, tra l’altro, che la stagione che festeggia il ventennale della riapertura all’opera della Fenice veda ancora Chung sul podio, impegnato questa volta in Otello, mentre il capolavoro verdiano è nelle mani esperte di un direttore come Diego Matheuz. Insomma, questa Traviata è stata lo spettacolo che ci ha più accompagnati per tutti questi anni e ha maggiormente caratterizzato il nuovo corso della Fenice. Ha indubbiamente saputo reggere il tempo e ci ha incoraggiati a ripresentare anche altri fortunati allestimenti a ogni nuova stagione. È la dimostrazione del fatto che bisogna avere il coraggio di rischiare».

La traviata fu composta da Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave per la rappresentazione del 6 marzo 1853 al Teatro La Fenice di Venezia. Terza opera della cosiddetta ‘trilogia popolare’ (con Rigoletto e Il trovatore), è delle tre la più intimista, quella in cui lo scavo psicologico della protagonista appare più ricco di sfumature, con un esito praticamente senza eguali nell’intera vicenda del teatro musicale italiano. Nonostante sia oggi ritenuta l’Opera per antonomasia, La traviata non esordì felicemente; si direbbe che il fiuto di Verdi l’avesse previsto quando, tramite Piave, fece le sue rimostranze alla Presidenza del Teatro, quasi come una valutazione profetica: «Sia pure la Salvini e compagni, ma io dichiaro che nel caso si dia l’opera, non ne spero niente sull’esito, che anzi farà un fiasco completo, e così avranno sagrificati gli interessi dell’impresa (che in fine potrà dire mea culpa), la mia riputazione, ed una forte somma del proprietario dell’opera. Amen». L’opera venne nuovamente ripresa a Venezia, il 6 maggio 1854 al Teatro San Benedetto, e fu un successo enorme. Il trionfo era certo dovuto anche a un cast più appropriato, ma Verdi, nel cantar vittoria, sminuì le modifiche apportate alla prima versione, che invece non solo vi furono, ma ebbero un’importanza superiore a quella loro attribuita dall’autore. L’intreccio drammaturgico presenta diversi ingredienti tipici della librettistica ottocentesca: amore come legame che supera ogni limite imposto dalle regole della convenienza sociale; preminenza del valore irrazionale del legame di sangue (la famiglia) su qualsiasi altro. Vi sono tuttavia anche forti elementi di novità: innanzitutto il fatto che si tratta di una vicenda derivata dalla cronaca contemporanea, laddove la librettistica predilige il più delle volte ambientazioni lontane nel tempo e nello spazio, quando non addirittura mitiche. Marie Duplessis – archetipo reale di Violetta – fu una delle più celebri prostitute del tempo, direttamente conosciuta da Alexandre Dumas figlio, che la consegnò a futura memoria col nome di Marguerite Gautier nel romanzo La Dame aux camélias (1848), e ne fu anche l’amante. L’anno successivo lo scrittore trasse dal romanzo un dramma, che andò in scena nel 1852, e l’anno dopo fu la volta di Verdi: raramente l’attualità è entrata tanto velocemente fra le quinte del teatro d’opera. È significativo che, mosso alla ricerca di nuove soluzioni drammaturgico-musicali, Verdi abbia insistito perché fosse mantenuta l’ambientazione contemporanea. Il palcoscenico di Venezia, quello stesso che aveva accolto favorevolmente un soggetto radicalmente innovativo come Rigoletto, era probabilmente l’unico possibile per una simile operazione; inoltre nella stessa stagione sarebbe stato rappresentato in laguna il dramma di Dumas. Per molti particolari della partitura Verdi esplorò una grande varietà di soluzioni formali, spingendosi non di rado oltre i mezzi compositivi ereditati dalla tradizione ottocentesca italiana; ed anche quando si volse all’assimilazione di modelli formali preesistenti, egli li seppe piegare al proprio fine. Il preludio, che con enfasi indica lo scioglimento tragico, condiziona la ricezione simbolica della vicenda: si ha quasi l’impressione che la brillante vita salottiera di Violetta venga rivissuta dalla moribonda nel terz’atto, come ricordo di una felicità impossibile. Verdi innalzò alla statura d’eroina tragica la protagonista di un fatto di cronaca, grazie ai mezzi della musica: torna in mente l’affermazione di Proust, secondo cui «Verdi ha dato a La dame aux camélias lo stile, che le mancava nel dramma di Dumas».

Nel cast di questa ripresa della Traviata, accanto al soprano Marina Monzò, che debutta nel ruolo di Violetta, al tenore Francesco Demuro interprete di Alfredo Germont e al baritono Nicola Alaimo interprete di Giorgio Germont, si esibiranno Loriana Castellano (Flora Bervoix), Barbara Massaro (Annina), Roberto Covatta (Gastone), Armando Gabba (barone Douphol), Rocco Cavalluzzi (dottor Grenvil) e Matteo Ferrara (marchese d’Obigny). Gli artisti del Coro del Teatro La Fenice Salvatore De Benedetto e Cosimo D’Adamo; Nicola Nalesso ed Emanuele Pedrini; Enzo Borghetti e Antonio Dovigo si alterneranno rispettivamente nei ruoli di Giuseppe, del domestico di Flora e del commissionario. Maestro del Coro Alfonso Caiani.

In scena anche i ballerini Lorena Calabrò, Samira Cogliandro, Matilde Cortivo, Aurora Dal Maso, Rosalia Moscato, Giulia Mostacchi, Andrea Carlotta Pelaia, Kevin Bhoyroo, Gianluca D’Aniello, Giulio Galimberti, Andrea Mazzurco, Valerio Palladino, Ilario Marco Russo, Francesco Scalas. Maestro ripetitore Margherita Longato.

La traviata sarà proposta nella versione definitiva del 1854, con sopratitoli in italiano e in inglese. Ecco il dettaglio delle recite: venerdì 22 novembre 2024 ore 19.00; domenica 24 novembre ore 15.30; mercoledì 27 novembre ore 19.00; sabato 30 novembre ore 19.00.

Venerdì 17 novembre, ore 20.00 al Teatro Calo Felice : Werther di Jules Massenet

Drame lyrique in quattro atti di Jules Massenet, su libretto di Edouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann, dal romanzo di Johann Wolfgang von Goethe


Venerdì 17 novembre 2023 alle ore 20.00, la Stagione Lirica 2023-2024 dell’Opera Carlo felice Genova prosegue con il secondo titolo in cartellone: il dramma lirico in quattro atti Werther di Jules Massenet, su libretto di Edouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann dal romanzo I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe. Il nuovo allestimento è realizzato dalla Fondazione Teatro Carlo Felice Genova in coproduzione con HNK – Croatian National Theatre di Zagabria. Donato Renzetti, direttore emerito del Teatro, tornerà alla guida dell’Orchestra e del Coro di voci bianche dell’Opera Carlo Felice (preparato da Gino Tanasini), con la regia, le scene e i costumi di Dante Ferretti, e le luci di Daniele Nannuzzi.

Werther sarà in replica domenica 19 novembre alle ore 15.00, venerdì 24 novembre alle ore 20.00 e domenica 26 novembre alle ore 15.00.

Gli interpreti protagonisti di Werther saranno Jean-François Borras(Werther), Jérôme Boutillier(Albert), Armando Gabba(Le Bailli), Roberto Covatta(Schmidt), Marco Camastra(Johann), Caterina Piva(Charlotte), Hélène Carpentier(Sophie), Emilio Cesar Leonelli (Brühlmann) e Daniela Aloisi (Kätchen).

Il cast si completa con i solisti del Coro di voci bianche Maria Guano, Leonardo Loi, Nicoletta Storace, Erica Giordano, Denise Colla, Sofia Macciò, Lucilla Romano, Alice Manara, Giulia Nastase e Vittoria Trapasso.

Venerdì 10 novembre 2023 nel Primo Foyer del Teatro verrà inaugurata la mostra C’era una volta, dove fino a domenica 26 sarà possibile ammirare alcune opere pittoriche di Dante Ferretti (la mostra composta da 11 opere sarà visitabile esclusivamente in occasione degli spettacoli di Werther). Scenografo di fama mondiale, Ferretti ha collaborato con registi del calibro di Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Terry Gilliam, Franco Zeffirelli, Anthony Minghella, Martin Scorsese, Tim Burton e Brian De Palma, vincendo, tra i molti riconoscimenti, tre Academy Awards per la scenografia con The Aviator nel 2005, Sweeney Todd nel 2008 e Hugo Cabret nel 2012. Le sue opere e i suoi bozzetti sono stati esposti agli Academy Awards, alla Smithsonian Institution e al MoMa di New York.

Tratto dal romanzo I dolori del giovane Werther di Goethe, Werther di Jules Massenet è un drame lyrique in quattro atti, messo in scena per la prima volta a Vienna nel 1892. La fonte letteraria e la trasposizione musicale si pongono significativamente alle origini e al tramonto di ciò che più rappresenta l’800 artistico: il Romanticismo. Se il romanzo di Goethe dà il via al movimento dello Sturm und Drang, l’opera di Massenet raccoglie le migliori influenze melodrammatiche ottocentesche in una perfetta sintesi musicale e drammaturgica del secolo XIX.

«Dopo i successi di Manon e Hérodiade, Massenet accolse con entusiasmo l’idea di musicare I dolori del giovane Werther di Goethe, tanto era affascinato dal sottile lirismo della melodia amorosa e volendo trovare una strada nuova da percorrere – commenta Donato Renzetti. La partitura di Werther, a differenza dei lavori succitati, non è divisa in brani chiusi ma ogni atto scorre con continuità e l’orchestrazione è di una raffinatezza unica, libera da schemi rigidi. In tutte le melodie si possono riconoscere accenni che richiamano Čajkovskij, Schubert e Schumann, persino il Mozart della Jupiter. Ma è a Wagner che Massenet riconosce l’omaggio più incisivo creando il leitmotiv che accompagna sempre Werther nella sua tragica e avventurosa ossessione d’amore».

Dante Ferretti commenta così il processo creativo: «Mettere in scena il Werther di Massenet significa saper rendere la passione e la follia sotterranea che pervadono il protagonista e che, con il passare del tempo, tracimano divorando il piccolo mondo perfetto della provincia più gretta. Non esiste possibilità di riconciliazione: i contrasti tra le regole dettate dalle convenzioni sociali e l’amore nella sua accezione più romantica producono solamente dolore e morte. Questi sono i concetti fondamentali che ho voluto rendere in questa mia visione del Werther per l’Opera Carlo Felice Genova. La prima scena è maestosa, simile ad un’estate dove tutto sembra perfetto. La piazza con la chiesa del matrimonio nel secondo atto e l’interno della casa di Albert e Charlotte del terzo ci mostrano proprio quell’impianto borghese che, invano, Werther cercherà di penetrare. Ma è l’ultimo atto che rivela con violenza il tragico finale. Il giovane si toglierà la vita in un garage, solo e senza il conforto delle pareti domestiche o della sua amata natura. La giovinezza e l’amore del protagonista terminano come un brutto sogno dove solo Charlotte rimarrà a contemplare la sua sconfitta. L’ambientazione anni ’30 che ho scelto per questa rappresentazione cattura, a mio avviso, perfettamente questa dicotomia».

«Il nuovo allestimento di Werther di Massenet dell’Opera Carlo Felice di Genova in coproduzione con HNK, Croatian National Theatre di Zagabria, – dichiara il Sovrintendente Claudio Orazi – segue la recente coproduzione di A Midsummer Night’s Dream di Britten con la Royal Opera House di Muscat confermando il ruolo internazionale del nostro Teatro. La produzione si avvale di protagonisti di eccezione ad iniziare dal direttore emerito del Carlo Felice, Donato Renzetti, che avrà al suo fianco per la regia, le scene e i costumi, Dante Ferretti, più volte Premio Oscar e punto di riferimento internazionale per la creatività e lo stile italiano nel campo della scenografia. Di altrettanto rilievo ed importanza il cast degli interpreti».

Mercoledì 15 novembre 2023, alle ore 16.30, nel foyer del Teatro Dante Ferretti presenterà il suo libro “Immaginare Prima”. Le mie due nascite, il cinema, gli Oscar.

L’iniziativa, ad ingresso gratuito, è aperta alla cittadinanza.

Sabato 18 novembre 2023, alle 14.30, la Fondazione Corriere della Sera, presso la Sala Buzzati – Via Balzan 3 – Milano, presenterà il progetto internazionale dell’Opera Carlo Felice di Genova dal titolo “Un Ponte di Musica” Itinerari dell’Opera italiana in America. Per tale iniziativa, ad ingresso gratuito, sarà possibile prenotarsi al seguente link:

Biografie

Donato Renzetti è uno dei più stimati direttori d’orchestra della scuola italiana. Ha diretto molte delle più prestigiose orchestre, tra cui la London Sinfonietta, la London Philharmonic, la Philharmonia Orchestra, la English Chamber Orchestra, la DSO Berlin, la Tokyo Philharmonic, l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, tutta la RAI Orchestre, la Dallas Symphony, la Belgian Radio and Television Orchestra a Bruxelles, l’Orchestre National du Capitol de Toulouse e l’Orchestre National de Lyon. Direttore principale dell’Orchestra Regionale Toscana dal 1987 al 1992, dal 2004 al 2007 è stato anche direttore principale ospite del Teatro Real de Sao Carlos e direttore artistico e musicale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana dal 2007 al 2013. Nel 2015 è stato nominato direttore della Filarmonica Gioachino Rossini. Per 30 anni ha insegnato direzione d’orchestra all’Accademia Musicale Pescarese. Nel 2019 trasferisce la sua attività didattica all’Alta Scuola di Perfezionamento di Saluzzo, in collaborazione con la Filarmonica Teatro Regio Torino.

Dante Ferretti è uno scenografo, regista e costumista. Durante la sua carriera, ha lavorato con molti tra i più grandi registi americani e italiani, tra cui Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Terry Gilliam, Franco Zeffirelli, Anthony Minghella, Martin Scorsese, Tim Burton e Brian De Palma. È stato uno degli allievi prediletti di Federico Fellini ed ha collaborato con lui per ben cinque film così come cinque sono i film che ha realizzato con Pier Paolo Pasolini. La sua relazione professionale più stretta e proficua è quella sviluppata con Martin Scorsese per cui ha firmato le scenografie di nove tra i suoi ultimi film. Ha avuto nove nomination per la scenografia agli Academy Awards e ne ha vinti tre con The Aviator, Sweeney Todd e Hugo Cabret. Ha avuto anche una nomination per i costumi realizzati per Kundunn e ha vinto quattro Bafta Awards, tre premi della critica di Los Angeles, un premio della Art Directors Guild, un National Board of Review, cinque David di Donatello, quattordici Nastri d’argento e cinque “Premio Cinearti – La chioma di Berenice”.

Ha lavorato spesso per il Teatro disegnando scenografie per molte opere e, in alcuni casi, si è cimentato anche con costumi e regia. La sua carriera è stata celebrata all’estero con moltissimi eventi, tra cui è doveroso citare la mostra di 3 mesi agli Academy Awards interamente dedicata alle sue opere ed i suoi due bozzetti in esposizione permanente alla Smithsonian Institution. Il MoMa di New York ha esposto i suoi bozzetti per 6 mesi e, nell’autunno del 2013, lo ha celebrato con un festival. Nell’ottobre del 2022 ha pubblicato la sua prima biografia intitolata Immaginare prima, con la collaborazione di David Miliozzi.

Daniele Nannuzzi è nato a Roma nel 1949. Figlio del famosissimo autore della fotografia Armando Nannuzzi, ben presto viene affascinato dal cinema. Grazie al padre si forma accanto a registi quali Comencini, Bolognini, Visconti e tanti altri.

In pochi anni si afferma come autore della fotografia firmando film di Lizzani, Zeffirelli, Jodorowsky, Bondarciuk, Monteleone. Con El Alamein, la linea del fuoco, di Monteleone si aggiudica il David di Donatello, il Golden Globe e una nomination ai Nastri D’argento. Dopo cinquanta anni di cinema è riaffiorato un vecchio sogno: illuminare un palcoscenico. Comincia così la sua attività come Light Designer in diversi spettacoli teatrali: Madama Butterfly all’Opera di Roma, Macbeth al Teatro Verdi di Salerno, Così fan tutte, The Turn of Screw e The piano Upstairs al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti di Spoleto, La voce umana e Il bell’indifferente al Teatro Caio Melisso di Spoleto, Anna Karenina, Evgenij Onegin e Rodin al Teatro Mariinskij di San pietroburgo, Casanova in Warsw alla Varsavia Wielki National Opera.

Biglietti

I settore: 100,00 euro

II settore: 80,00 euro

III settore: 60,00 euro

IV settore: 50,00 euro

V settore: 35,00 euro

Under 18*: 15,00 euro

Under 30*: 25,00 euro

*tutti i settori

Per ulteriori informazioni: www.operacarlofelicegenova.it

Biglietteria

Galleria Cardinale Siri, 6
16121 GENOVA
Telefono +39 010 5381.433-399
e-mail: biglietteria@carlofelice.it

Per i gruppi è attivo l’indirizzo gruppi@vivaticket.com a cui rivolgersi per le prenotazioni e l’acquisto di biglietti della nostra Stagione.

Orari

Da lunedì al sabato, dalle ore 9.30 alle ore 19.00.
Spettacoli serali: apertura un’ora prima dell’inizio, chiusura 15 minuti dopo l’inizio.
Spettacoli pomeridiani o serali di domenica: apertura due ore prima dell’inizio, chiusura 15 minuti dopo l’inizio.