Roberto Bolle in Caravaggio per l’87º Festival del Maggio Musicale Fiorentino

Prima rappresentazione in Italia

Roberto Bolle torna al Teatro del Maggio con “Caravaggio”

Il debutto in Italia, al Teatro del Maggio, del balletto firmato dal coreografo  Mauro Bigonzetti

 Musiche di Claudio Monteverdi riorchestrate da Bruno Moretti

La messinscena s’ispira alla vita e alle opere di Michelangelo Merisi, detto Il Caravaggio, e trasforma in movimento la drammaticità e la teatralità rivoluzionarie del grande pittore. 

Un viaggio emozionante nell’animo inquieto e geniale di un artista immortale.

Quattro gli spettacoli previsti, tutti in Sala Grande: il 9 maggio alle 20; il 10 maggio alle 15 e alle 20 e l’11 maggio alle 15:30.

Una produzione ARTEDANZA srl

Main Partner: Intesa Sanpaolo

Con il supporto del Ministero della Cultura

Per soddisfare le tantissime richieste del pubblico, il Maggio informa che sono disponibili ulteriori posti in platea per tutte e 4 le recite.

L’87esima edizione del Festival del Maggio s’impreziosisce con Caravaggio, balletto inedito per l’Italia in due atti con protagonista l’Étoile internazionale Roberto Bolle affiancato da un cast di grandi talenti. Lo spettacolo ideato da Mauro Bigonzetti –acclamato coreografo italiano del panorama contemporaneo fu pensato nel 2008 per lo Staatsballett Berlin diretto da Vladimir Malakhov. La musica è stata riorchestrata dal compositore e direttore d’orchestra Bruno Moretti, che ha lavorato su brani composti da Claudio Monteverdi tratti dall’Orfeo; dal Combattimento di Tancredi e Clorinda, dall’Incoronazione di Poppea e dal Settimo libro dei madrigali.

“Caravaggio” è in scena nella Sala Grande del Teatro del Maggio il 9 maggio alle 20; il 10 maggio alle 15 e alle 20 e l’11 maggio alle 15:30.

Parlando dello spettacolo, il sovrintendente Carlo Fuortes ha raccontato di come l’idea sia nata proprio al Teatro del Maggio lo scorso anno durante le riprese di Viva la danza: “Insieme a Roberto Bolle e al Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazziragionammo su cosa poter fare per valorizzare la danza. Nacque dunque l’idea di mettere in scena Caravaggio: uno spettacolo che riprende e rielabora la coreografia della messinscena del 2008 al Staatsballett Berlin con nuove scene e nuovi costumi. È interessante sottolineare che questa produzione, nata in cooperazione con il Ministero della Cultura, coinvolge anche un soggetto privato, ossia ArteDanza. Un vero e proprio lavoro corale quindi, con il Ministero che ha messo insieme le varie parti, noi che abbiamo ‘fatto il Teatro’ e dunque pensato alla parte tecnica relativa a scene, costumi e ospitalità e ArteDanza, appunto, che ha curato la produzione esecutiva. Vedo in questo  un modello raro e virtuoso che, penso, possa essere replicato in futuro”.

Promotore del progetto nonché interprete e protagonista è proprio l’Étoile scaligera, ambasciatore della cultura italiana nel mondo e portavoce del balletto come forma d’arte accessibile e dedicata a tutti e che al Teatro del Maggio ha esordito nell’autunno del 1999. Accanto a lui alcuni tra i migliori danzatori solisti di caratura internazionale, insieme ad un corpo di ballo creato per l’occasione tramite audizione che comprenderà circa 30 giovani ballerini. “La danza porta tanti valori, valori in cui credo fortemente” ha affermato Roberto Bolle “e serate come queste sono importanti perché oltre a trasmettere tutto ciò riescono a lasciare dei segni; essere riusciti a portare Caravaggio qui in Italia per la prima volta mi dà delle sensazioni davvero uniche. È importantissimo per me infondere al pubblico le emozioni che ho vissuto danzando nelle sale deserte con i capolavori di Caravaggio appesi alle pareti. Interpretare, in quel contesto, questo geniale artista è stata una sensazione meravigliosa: è come se la forza stessa del Caravaggio fosse entrata dentro il mio animo, in un modo assolutamente indelebile”.

Lo spettacolo s’ispira alle opere del pittore italiano Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, di cui Bigonzetti mette in risalto la complessità della figura, esaltando gli aspetti che compongono sia l’uomo che l’artista. Da un lato il suo travagliato mondo interiore, mosso da un animo particolarmente inquieto, e dall’altro il racconto attraverso l’espressione della sua arte. Caravaggio, seguendo l’interrelazione di questi due aspetti, diventa pertanto un balletto psicologico e drammatico, che dal punto di vista drammaturgico ha le sue “note” ricorrenti nel solo, nei duetti, terzetti e quartetti, inframmezzati da scene corali che allentano la tensione e imprimono il moto a un’azione sostanzialmente incentrata sull’io caravaggesco. 

Grazie alla scenografia e alle luci, firmate da Carlo Cerri, l’unione tra i due mondi si ramifica, esaltando la suggestiva coreografia e valorizzando il movimento dei corpi. I costumi dello spettacolo sono di Lois Swandale e Kristopher Millar.

Il balletto:

Sul finire del 1500 Caravaggio, ventenne, approda a Roma. Città attraversata da una moltitudine umana variegatissima fatta di monsignori e gentiluomini, soldati e saltimbanchi, pellegrini e nulla-facenti, zingare e prostitute; su tutta questa varietà infinita di corpi, sguardi, ricchezze e miserie egli concentra il suo sguardo, ne studia i caratteri, li assimila per poi renderli in quelle opere che diverranno gli elementi di una vera e propria rivoluzione artistica.

Da quella che ora è chiamata piazza Navona sino al Corso, dalla Scrofa a Campo de Fiori, con voracità nei confronti della vita, Caravaggio attraversa le strade di Roma e contemporaneamente si nutre di quella realtà. L’arte e la vita di questo artista sono un binomio inscindibile. Le sue opere si riempiono di una forza espressiva che è quella che scaturisce da una realtà vissuta apertamente, la sua arte diviene un’istantanea di quella realtà. Tre delle quattro firme in locandina di questo balletto su Caravaggio sono nate a Roma e vi hanno vissuto gli anni formativi della loro adolescenza. Passeggiare per quelle stesse strade che, strette tra due file di palazzi nelle quali la luce filtra tagliente dagli angoli, si aprono improvvise su piazze inondate di luce creando quell’alternanza tra luce e ombra che è propria di un gioco teatrale, significa respirare le stesse visioni di Caravaggio e sentire di farne parte. Entrare in una delle infinite chiese romane e scoprirvi i segni del suo passaggio, fissati in un’opera all’epoca rivoluzionaria, significa inevitabilmente subire un forte indirizzo su un’estetica che si sta formando. Ecco l’essenza di questo balletto su Caravaggio: trasmettere il senso di un’estetica e di una cultura artistica che si son formate respirando la sua stessa aria. La sintesi di tutti gli elementi, danza, musica e visione, senza alcuna tentazione all’iconografia, cerca di rendere quel concetto dell’arte che scaturisce dalla vita. Il movimento di corpi che traggono ispirazione e forza dall’esperienza del vissuto e trova il suo sviluppo nella composizione del gesto che ne scaturisce, disegna le linee di una coreografia contemporanea e passionale che si muove sempre nel rigore della tecnica.

Visivamente, una grande cornice sospesa evoca l’attesa dell’opera che nasce dalla vita e il palcoscenico diviene il luogo della rappresentazione delle passioni umane. Quelle stesse passioni umane che, musicalmente, Monteverdi utilizza per la sua rappresentazione del sacro, attingendo alla stessa matrice popolare a cui ha attinto Caravaggio. La costruzione della struttura musicale segue la stessa esigenza di sintesi estetica, si dipana in un prologo alla moda barocca dove il protagonista si incontra col personaggio allegorico che lo rappresenta, in questo caso la Luce. Un primo atto che incontra le vicende umane di Caravaggio ed un secondo atto che si immerge nell’arte che sgorga da quelle vicende e dalle quali egli ha tratto la forza di una visione dirompente che si trasfigura in una narrazione.

Il concerto è preceduto dalla guida all’ascolto tenuta da Sabrina Vitangeli nel Foyer di Galleria della Sala Grande. È riservata ai possessori del biglietto e si svolge 45 minuti prima dell’inizio dello spettacolo (durata: 30 minuti circa).

La locandina:

Caravaggio

Balletto in due atti

Sala Grande

Venerdì 9 maggio 2025 ore 20

Sabato 10 maggio 2025 ore 15

Sabato 10 maggio 2025 ore 20

Domenica 11 maggio 2025 ore 15.30

Coreografia

Mauro Bigonzetti

Assistenti alla coreografia

Roberto Zamorano, Carlos Prado

Musica

Bruno Moretti, da Claudio Monteverdi

Scenografia e luci

Carlo Cerri

Costumi

Lois Swandale, Kristopher Millar

Caravaggio

Roberto Bolle

(Teatro Alla Scala, Milano)

La Luce

Maria Khoreva

(Balletto Mariinskij, San Pietroburgo)

Il Buio

Anastasia Matvienko

(International Guest Artist)

La Bellezza

Ekaterine Surmava

(Ballett Dortmund, Dortmund)

Solista Uomo 1

Gioacchino Starace

(Teatro Alla Scala, Milano)

Solista Uomo 2

Ildar Young

(International Guest Artist)

La Zingara

Vania De Rosas

I Bacchi

Luca Curreli Rose, Federico Labate

Compagnia:

Manon Avrillon-Rivault, Nicole Ciavarella, Anna Maria Ciccarelli, Sofia Cracolici, Susanna Elviretti, Eliz Duygu Erkut, Sofia Fenu, Chiara Ferraioli, Gaia Foglini, Clarissa Pace, Sofia Pagani, Zeudi Testa, Flavio Altieri, Nicola Barbarossa, Stefano Capoferri, Mario Consolazio, Francesco Curatolo, Damiano Gorgoglione, Giacomo Mandolini, Valentino Neri, Luigi Peragine, Daniele Ruggiero, Mattia Teora, Douglas Israel Zambrano Vera

Prezzi:

Solo ascolto: 10€ – Visibilità limitata: 15€

Galleria: 35€

Palchi: 45€ – Platea 4: 65€ – Platea 3: 75€ – Platea 2: 90€ -Platea 1: 110€

Prima parte: 55 minuti | Intervallo: 30 minuti | Seconda parte: 35 minuti

Durata complessiva 2 ore circa

Se la danza parla delle tragedie dell’oggi

Madina di Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti torna in scena da mercoledì 28 per sei serate

quasi esaurite con Roberto Bolle e Antonella Albano in palcoscenico e Michele Gamba sul podio.

Una lucida denuncia dei meccanismi della violenza durante l’occupazione russa della Cecenia.

Compositore e direttore ne parleranno sabato 2 marzo in un incontro presso la Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio

Torna alla Scala da mercoledì 28 febbraio Madina, il titolo di Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti che dopo la sospensione della prima nel 2020 era stato presentato, nel teatro ancora a ranghi ridotti a causa della pandemia, nell’ottobre 2021 e trova finalmente la sala completa. Sarà l’occasione per tutto il pubblico delle sei serate (quasi esaurite) per confrontarsi con questa pagina di teatro, musica e danza creata a partire dal romanzo La ragazza che non voleva morire di Emmanuelle de Villepin, autrice del libretto, che costituisce un esperimento straordinario se non unico: usare il linguaggio coreografico per affrontare con appassionata lucidità i nodi più dolorosi e controversi dello scenario internazionale, dall’occupazione al terrorismo e ai diritti delle donne. A pochi anni di distanza dalla sua concezione Madina risulta ancora più attuale in un panorama in cui la brutalità della guerra e dell’estremismo invade il nostro quotidiano, tanto da spingere gli autori a ripristinare i riferimenti diretti alla cronaca espunti dalla prima versione: la vicenda inizia nella Grozny occupata dai russi e si conclude a Parigi.

Il compositore Fabio Vacchi e il direttore d’orchestra Michele Gamba parleranno della capacità di musica e danza di testimoniare il presente affrontandone la complessità in un incontro con Milena Santerini della Comunità di Sant’Egidio, docente dell’Università Cattolica di Milano e vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano.

L’incontro, moderato dalla giornalista Chiara Pelizzoni, si svolgerà sabato 2 marzo presso la Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio, in via degli Olivetani, 3 (ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili).

Dramma dell’occupazione, diritto all’autodeterminazione della donna, estremismo religioso ma anche sopravvivenza degli affetti e della volontà di vivere si intrecciano in questa storia che ricalca fatti realmente avvenuti: nel corso della guerra in Cecenia la giovane orfana Madina viene stuprata dai soldati russi; la sua amica, Zarema, dopo aver subito la stessa sorte viene assassinata. La violenza, vissuta dalla famiglia e dalla stessa vittima come un disonore, è l’inizio del tragico processo con cui lo zio Kamzan, attraverso una brutale segregazione e l’uso di stupefacenti, annulla la volontà di Madina fino a spingerla ad accettare di immolarsi come kamikaze in un attentato suicida a Parigi. In questo scenario di fanatismo e degrado il padre di Kamzan, l’ottantenne Sultan, è l’unica voce di umanità che chiede inutilmente al figlio di risparmiare la vita della giovane e al suo rifiuto lo maledice. Pronta a farsi esplodere in un caffè di Parigi, Madina all’ultimo istante getta la cintura esplosiva rifiutando di uccidere e morire ma finisce ugualmente sotto processo per la morte dell’artificiere incaricato di disinnescare l’ordigno. Il giornalista Louis de Monfalcon, dapprima scettico sulla possibilità di trattare la vicenda, cambia atteggiamento dopo aver conosciuto Olga, la zia russa di Madina. Insieme si impegnano per salvarla ma la ragazza sarà comunque condannata a vent’anni di carcere.