Al Teatro alla Scala di Milano : IL NOME DELLA ROSA di FRANCESCO FILIDEI

Il nome della rosa

Tutto esaurito alla Scala per la nuova opera di Francesco Filidei

commissionata dal Teatro insieme all’Opéra National de Paris e pubblicata da Ricordi. Dirige Ingo Metzmacher, regia di Damiano Michieletto. Lo spettacolo è coprodotto

con l’Opéra de Paris e il Teatro Carlo Felice di Genova e sarà ripreso da Rai Cultura.

Il progetto è promosso e sostenuto da SIAE.

Milano Musica dedica a Filidei l’edizione 2025 del Festival.

Sono tutte esaurite al Teatro alla Scala le cinque rappresentazioni del Nome della rosa, la nuova opera tratta dall’omonimo romanzo di Umberto Eco (pubblicato da La nave di Teseo) che il Teatro milanese ha commissionato a Francesco Filidei insieme all’Opéra national de Paris. Lo spettacolo è coprodotto dalla Scala con l’Opéra e con il Teatro Carlo Felice di Genova. Il nome della rosa, pubblicata da Casa Ricordi, è la terza opera di Filidei dopo Giordano Bruno, su libretto italiano di Stefano Busellato (Oporto, Casa da Musica, Teatro Valli di Reggio Emilia 2015, presentato al Piccolo Teatro di Milano nel corso del Festival Milano Musica dello stesso anno), e L’inondation, su libretto francese di Joël Pommerat (Parigi, Opéra Comique 2019). Questa volta i librettisti sono lo stesso compositore e Stefano Busellato con la collaborazione di Hannah Dübgen e Carlo Pernigotti; hanno lavorato su due versioni, italiana e francese, per le prime a Milano e Parigi. Il nome della rosa è il secondo progetto realizzato dal Teatro alla Scala in collaborazione con la SIAE – Società Italiana Autori ed Editori nell’ambito del Concorso per compositori, librettisti e coreografi iscritti alla SIAE. La prima edizione, riservata alla coreografia, aveva sostenuto la creazione di Madina, coreografia di Mauro Bigonzetti e musica di Fabio Vacchi, andata in scena nel 2021.

Il nome della rosa, diretto da Ingo Metzmacher, va in scena con la regia di Damiano Michieletto, le scene di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Fabio Barettin, la drammaturgia di Mattia Palma e la coreografia di Erika Rombaldoni.  

In scena un nutrito cast formato da artisti di rilievo nel panorama operistico odierno: i due protagonisti, il novizio Adso da Melk e l’ex inquisitore francescano Guglielmo da Baskerville sono Kate Lindsey en travesti e Lucas Meachem. Il bibliotecario cieco e nemico del riso Jorge de Burgos è Gianluca Buratto; l’Inquisitore Bernardo Gui è Daniela Barcellona, anche lei en travesti; l’abate del monastero Abbone da Fossanova è Fabrizio Beggi; la sventurata ragazza del villaggio (ma anche la statua della Vergine) è Katrina Galka; l’ex dolciniano Salvatore (“Penitenziagite!”) è Roberto Frontali; il cellario ex dolciniano Remigio da Varagine è Giorgio Berrugi; il bibliotecario Malachia è Owen Willetts; l’erborista Severino da Sant’Emmerano è Paolo Antognetti. Carlo Vistoli presta la sua voce all’aiuto bibliotecario Berengario da Arundel e al miniatore Adelmo da Otranto (la prima vittima); Leonardo Cortellazzi al traduttore Venanzio e a Giovanni Dalbena; Adrien Mathonat a Girolamo Vescovo di Caffa e al Cuciniere. Infine, Cecilia Bernini è Ubertino da Casale; Flavio D’Ambra è il capo della delegazione imperiale Michele da Cesena; Ramtin Ghazavi è il Cardinal Bertrando; Alessandro Senes è Jean d’Anneaux. La voce di Adso Vecchio è restituita dal Coro diretto da Alberto Malazzi, mentre le Voci bianche del Coro dell’Accademia dirette da Bruno Casoni sono i Novizi.

Il nome della rosa sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura. La prima del 27 aprile sarà trasmessa in diretta da RAI Radio Tre.

L’opera

Per impostare il lavoro compositivo, Francesco Filidei si è chiesto innanzitutto quale sarebbe stato il percorso narrativo di Eco se fosse stato un musicista invece che uno scrittore. Per rispondere è necessario analizzare la struttura narrativa del romanzo per tradurla in drammaturgia musicale. Un nodo centrale è la relazione che il testo intrattiene con il romanzo popolare ottocentesco, soprattutto francese (Il conte di Montecristo, I misteri di Parigi, ecc.), che Filidei estende all’opera popolare ottocentesca, soprattutto italiana (Don Carlos, Il trovatore). Eco stesso, spiega Filidei, indica la strada da seguire quando nelle Postille al Nome della Rosa parla di “un libro che assumeva una struttura da melodramma buffo, con lunghi recitativi, e ampie Arie”. Eco racconta inoltre di aver compiuto un lavoro analogo a quello realizzato da Mahler nelle sue sinfonie (e in questo senso non si può non ricordare la sua amicizia con Berio e il Terzo Movimento di Sinfonia, gravitante intorno allo Scherzo della Seconda di Mahler). Filidei sviluppa quindi il suo discorso musicale come una struttura portante di tipo sinfonico su cui si innesta una successione di arie e recitativi, quasi forme chiuse, il cui materiale è derivato principalmente dalla variazione di melodie gregoriane. È la dimensione del sacro a giustificare il passaggio dalla parola al canto. Drammaturgicamente l’opera, che ha la struttura di un autentico grand-opéra con oltre una quindicina di personaggi, sfrutta la struttura del romanzo, in cui i fatti sono sempre presentati “de relato”, per dare a ciascuno un’aria. Le riflessioni teologiche e filosofiche, inserite da Eco nel libro e difficili da tradurre in linguaggio teatrale, sono riflesse nella costruzione formale di alcune sezioni del lavoro, attraverso madrigalismi e strutture leitmotiviche associate alle varie tematiche proposte.

Filidei condivide la passione di Eco per la materia linguistica, si tratti di parole o di note, e il gusto per la struttura e la simmetria. Il nome della rosa è diviso in sette giornate, tre delle quali formano il primo atto e quattro (l’ultima è una chiusa di breve durata) il secondo. I due atti hanno forma simmetrica e le scene sono costruite ciascuna su una nota: do, do diesis, re bemolle, re… e poi specularmente fino a tornare al do. Ne consegue un’architettura formale rigorosa, ma anche la rappresentazione grafica di un labirinto, o dell’abbraccio dei petali: un’opera in forma di rosa.  

Il romanzo

Quando Umberto Eco scrive Il nome della rosa, nel 1980, ha 48 anni ed è uno dei semiologi più influenti della scena culturale europea. Al prestigio accademico, riflesso nel Trattato di semiotica generale del 1975, unisce una vasta popolarità grazie alle sue analisi scientificamente inappuntabili ma sempre partecipi ed empatiche della cultura di massa: volumi come Opera aperta, Diario minimo, Apocalittici e integrati, Il superuomo di massa oltre al diffusissimo Come si fa una tesi di laurea, sono successi editoriali eclatanti che lasciano un segno nella cultura italiana del terzo quarto del ‘900. Saggista di successo, Eco ritorna alla passione mai estinta per la filosofia medievale (si era laureato con Luigi Pareyson sull’estetica di Tommaso d’Aquino) per il suo primo e unico romanzo, edito da Bompiani, che vende oltre 50 milioni di copie imponendosi tra i libri più letti e tradotti della letteratura italiana del ‘900, anche grazie alla versione cinematografica di Jean-Jacques Annaud del 1986 con Sean Connery, F. Murray Abraham e Christian Slater.

La trama, che Eco finge di aver desunto dagli scritti dell’immaginario frate francescano Adso da Melk, è quella di un giallo, ambientato in un monastero cluniacense nel 1327 dove si verifica una serie di omicidi.  L’autore mostra la sua dottrina e il suo gusto della minuta descrizione della vita medievale nell’ambientazione in cui ricorrono i topoi della biblioteca e del labirinto, ma la tensione narrativa è garantita, oltre che dalla ricerca degli assassini, dalla sottesa perorazione sul valore della conoscenza e della libertà. Chiave del mistero sarà il Secondo libro della Poetica di Aristotele, nella realtà perduto, in cui lo stagirita affronta il tema della Commedia

Liana Püschel terrà una conferenza introduttiva per il pubblico di ciascuna rappresentazione nel Ridotto dei Palchi un’ora prima dell’inizio.

Il 34° Festival Milano Musica, che si terrà dal 26 aprile al 6 giugno 2025, tornerà ad avere carattere monografico e sarà dedicato a “Francesco Filidei. Fiori, tempo, respiro”.

Stagione d’opera 2024~2025

27, 30 aprile 2025

3, 6, 10 maggio 2025

IL NOME DELLA ROSA

Opera in due atti

di FRANCESCO FILIDEI

Libretto di Francesco Filidei e Stefano Busellato

con la collaborazione di Hannah Dübgen e Carlo Pernigotti

Casa Ricordi Editore

Libero adattamento dall’opera di Umberto Eco Il nome della rosa edita da La Nave di Teseo

Prima assoluta

Commissione Teatro alla Scala e Opéra National de Paris

Nuova produzione Teatro alla Scala

in coproduzione con Opéra National de Paris e Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova

Direttore INGO METZMACHER

Regia DAMIANO MICHIELETTO

Scene PAOLO FANTIN

Costumi CARLA TETI

Luci FABIO BARETTIN

Drammaturgia MATTIA PALMA

Coreografia ERIKA ROMBALDONI

Personaggi e interpreti

             Adso da Melk                                                                Kate Lindsey

             Guglielmo da Baskerville                                                Lucas Meachem

             La Ragazza del Villaggio / Statua della Vergine             Katrina Galka

             Jorge da Burgos                                                              Gianluca Buratto

              Bernardo Gui                                                                  Daniela Barcellona

             Abbone da Fossanova                                                     Fabrizio Beggi

              Salvatore                                                                        Roberto Frontali

              Remigio da Varagine                                                                     Giorgio Berrugi

             Malachia                                                                          Owen Willetts

             Severino da Sant’Emmerano                                           Paolo Antognetti

             Berengario da Arundel / Adelmo da Otranto                  Carlo Vistoli

             Venanzio / Giovanni Dalbena                                          Leonardo Cortellazzi

             Girolamo Vescovo di Caffa / Cuciniere                          Adrien Mathonat

             Ubertino da Casale                                                          Cecilia Bernini

             Michele da Cesena                                                          Flavio D’Ambra

             Cardinal Bertrando                                                          Ramtin Ghazavi

             Jean d’Anneaux                                                              Alessandro Senes

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA

Maestro del Coro ALBERTO MALAZZI

Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Maestro del Coro di Voci Bianche BRUNO CASONI

Date:

Domenica 27 aprile 2025 ore 20 ~ turno Prime Opera

Mercoledì 30 aprile 2025 ore 20 ~ turno A

Sabato 3 maggio 2025 ore 20 ~ turno C

Martedì 6 maggio 2025 ore 20 ~ turno B

Sabato 10 maggio 2025 ore 20 ~ turno D

Prezzi: da 215 a 26 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi”,

si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Liana Püschel.

Il 27 aprile l’opera sarà trasmessa in diretta da RAI Radio Tre.

Il compositore

Francesco Filidei è nato a Pisa (5 maggio 1973). Si è diplomato al Conservatorio di Firenze e al Conservatorio Nazionale Superiore di Parigi.

Come organista e compositore, è stato invitato dai più importanti festival di musica contemporanea, eseguito da orchestre quali WDR, SWR, RSO Wien, ORT, RAI, Tokyo Philharmonic, Bayerischer Rundfunk, Orchestra Sinfonica di Milano, Filarmoniche di Montecarlo, Nizza, Helsinki, Vilnius, Varsavia, Orchestre Symphonique de Bretagne, Orchestra Philharmonie Luxembourg e Orchestre of Mexique, e dai più importanti ensemble specializzati, in particolare alle Philharmonie di Berlino, Colonia, Essen, Amburgo, alla Cité de la Musique di Parigi, alla Suntory e alla Tokyo Opera House, alla Theaterhaus di Vienna, alla Herkulessaal di Monaco, alla Tonhalle di Zurigo, alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles.

Dopo aver ottenuto una commissione dal Comité de Lecture Ircam nel 2005, ottiene il Salzburg Music Forderpreistrager 2006, il Prix Takefu 2007, il Forderpreistrager Siemens 2009, l’International Rostrum of Composers 2011, il Premio Abbiati 2015, il premio Charles Cros 2016 per il disco monografico “Forse”, il premio Commande 2018 della Fondazione Simone et Cino Del Duca attribuito dall’Académie des Beaux-Arts. È stato borsista dell’Akademie Schloss Solitude nel 2005, Membro della Casa de Velàzquez nel 2006 e nel 2007, Pensionnaire a Villa Medici nel 2012, Borsista del DAAD di Berlino e compositore in residenza di numerosi ensemble e festival.

Ha insegnato composizione a Royaumont (Voix Nouvelles), alla Iowa University, a Takefu (Tokyo), all’Accademia della città di Čajkovskij in Russia, ai Ferienkurse di Darmstadt, e in numerose altre istituzioni e università internazionali (Ircam, Cnsmdp, Esmuc, Musikene, Conservatorio di Strasburgo e di Mosca, Università di Berlino, Hannover, Stoccarda, Graz, San Diego, Tokyo, solo per citarne alcuni). Nel 2019 ha tenuto masterclass con concerti monografici a Shanghai, Pechino e Hong Kong.

Nel 2016 è stato nominato Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese.

Dal 2018 è consulente musicale della fondazione I Teatri di Reggio Emilia e direttore artistico del festival di musica contemporanea Controtempo di Villa Medici a Roma.

Dopo Giordano Bruno, la sua prima opera rappresentata in prima assoluta a Oporto nel 2015 e ripresa successivamente in numerosi teatri europei, segue L’inondation su un libretto scritto appositamente da Joël Pommerat per la Stagione 2019 dell’Opéra Comique di Parigi. Dal 2018 pubblica con Casa Ricordi. Le precedenti composizioni sono edite da Rai Com

Simone Young dirige Peter Grimes in una nuova produzione di Robert Carsen.

  

Sei rappresentazioni dal 18 ottobre al 2 novembre, protagonisti Brandon Jovanovich,

Nicole Car e Ólafur Sigurdarson. Diretta su LaScalaTv il 27 ottobre.

Tutti gli spettacoli sono preceduti da una conferenza introduttiva di Franco Pulcini.

Torna in scena alla Scala uno degli esiti più vibranti e attuali del teatro musicale del ‘900, Peter Grimes di Benjamin Britten. A dirigerlo debutta nella buca della Scala Simone Young (che ha riscosso un entusiastico successo personale nella Stagione Sinfonica con Turangalîla-Symphonie di Messiaen), lo spettacolo è di Robert Carsen con le scene e i costumi di Gideon Davey, le luci dello stesso Carsen con Peter Van Praet, i video di Will Duke e la coreografia di Rebecca Howell. Protagonista è Brandon Jovanovich, affiancato da Nicole Car nella parte di Ellen e nei panni del capitano Balstrode.  

La rappresentazione del 27 ottobre sarà trasmessa in diretta da LaScalaTv.

Ogni sera, un’ora prima dello spettacolo, Franco Pulcini terrà una conferenza introduttiva nei Ridotti.

L’opera

Stagione d’Opera e Balletto 2022 ~ 2023

18, 21, 24, 27, 30 ottobre, 2 novembre 2023 (ore 20)

PETER GRIMES

Opera in un prologo e tre atti

Libretto di Montagu Slater

tratto dal poema di George Crabbe

Musica di BENJAMIN BRITTEN

(Edizioni Boosey & Hawkes, Londra. Rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano)

Nuova produzione Teatro alla Scala

Direttrice SIMONE YOUNG

Regia ROBERT CARSEN

Scene e costumi GIDEON DAVEY

Luci ROBERT CARSEN e PETER VAN PRAET

Video WILL DUKE

Coreografia REBECCA HOWELL

Personaggi e interpreti

Peter Grimes              Brandon Jovanovich

Ellen Orford               Nicole Car

Captain Balstrode       Ólafur Sigurdarson

Auntie                        Margaret Plummer

First Niece                  Katrina Galka

Second Niece             Tineke Van Ingelgem

Bob Boles                   Michael Colvin

Swallow                     Peter Rose

Mrs. Sedley                Natascha Petrinsky

Rev. Adams                Benjamin Hulett

Ned Keen                   Leigh Melrose

Hobson                       William Thomas

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro del Coro ALBERTO MALAZZI

Date:

Mercoledì 18 ottobre 2023 ore 20 ~ turno Prime Opera

Sabato 21 ottobre 2023 ore 20 ~ turno G

Martedì 24 ottobre 2023 ore 20 ~ turno A

Venerdì 27 ottobre 2023 ore 20 ~ turno D

Lunedì 30 ottobre 2023 ore 20 ~ turno B

Giovedì 2 novembre 2023 ore 20 ~ turno C

Prezzi: da 210 a 25 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Peter Grimes viene concepita da Britten nell’esilio americano insieme a Peter Pears durante la II guerra mondiale e portata a termine al ritorno nel Regno Unito nel 1943. La creazione avviene al Sadler’s Wells nel 1947 con Peter Pears nella parte di Grimes e Reginald Goodall sul podio. La fonte letteraria è un fosco racconto dello scrittore, medico e sacerdote George Crabbe, pubblicato nel 1810. Crabbe, un antesignano del realismo sociale, descrive crudamente la vita di un villaggio di pescatori, uno dei quali si rende colpevole dell’assassinio di tre mozzi. Britten e il suo librettista Montagu Slater, un poeta e scrittore dalla forte impronta realista e operaia, trasformano il personaggio da un lato tagliando la morte del terzo ragazzo e lasciando aperta la responsabilità sulla morte dei primi due, dall’altro esaltando i caratteri romantici e fantastici di Grimes, che si affratella a un altro grande escluso del teatro musicale del Novecento: Wozzeck. Già E.M. Forster, nell’articolo su “The Listener” che aveva fatto conoscere a Britten l’opera di Crabbe scriveva: “Non c’è nessun crimine da parte di Grimes se non quello causato dai crimini ben più gravi commessi contro di lui dalla società”. Nell’intervista a Mattia Palma pubblicata sulla Rivista del Teatro Robert Carsen spiega: “La ragione [del rifiuto di Grimes da parte dei suoi concittadini] non è chiara, ma credo che il punto sia proprio questo. Sono convinto che sia stato lasciato apposta irrisolto. Gli abitanti del villaggio non capiscono Grimes, che a sua volta non fa alcun tentativo per farsi comprendere meglio: più gli altri sono ostili a lui, più lui si chiude e meno vuole avere a che fare con loro. In fondo è facile per un gruppo di persone isolare chiunque non gli si adatti. Molte opere affrontano lo stesso tema, pensiamo a Verdi, a Janáček, e ovviamente allo stesso Britten, i cui lavori sono spesso incentrati su un diverso”. Il tema dell’isolamento dei diversi ricorre effettivamente in diverse opere di Britten e si radica da un lato nella sua condizione di omosessuale nella società britannica del suo tempo (un’omosessualità vissuta in relativa trasparenza nella relazione con Peter Pears, ma mai ammessa pubblicamente neanche negli Stati Uniti, tanto da attirare le critiche di Auden e Isherwood), dall’altro nella vasta sensibilità per le libertà individuali contrapposte alla massa cieca negli anni dei grandi totalitarismi. A contrastare l’atmosfera chiusa del villaggio, la vastità maestosa del mare in cui Grimes scomparirà al termine dell’opera fuggendo alla folla pronta a linciarlo. Al mare sono dedicati i celebri “Quattro interludi marini” spesso eseguiti autonomamente in concerto. Nell’intervista a Liana Püschel pubblicata sulla Rivista la direttrice Simone Young nota che  “in Peter Grimes il profumo del mare si sente ovunque. Il mare è rappresentato musicalmente in modi diversi a seconda del tempo, dal sereno all’uragano; questi cambiamenti hanno un riflesso sul protagonista, il quale è un uomo che lavora con la natura ma anche contro la natura. Il mistero delle profondità marine è in rapporto con il fatto che Grimes è in contatto sia con la natura sia con il mondo metafisico, ma è incapace di esprimersi”.

Simone Young sottolinea inoltre come tra i temi dell’opera emerga anche un momento di possibile contatto umano, quello tra Grimes e Ellen: “La musica diventa delicata e complessa, in contrasto con quella della società che è chiara e semplice. Il loro duetto è un piccolo momento a cappella contraddistinto dalla bitonalità, in quanto ciascuno canta in una tonalità diversa; nelle ultime battute, invece, il loro canto coincide completamente concludendo sulla nota Mi, molto importante perché si riferisce alla tonalità tipica di Grimes”.

La direttrice d’orchestra

Simone Young, oggi direttrice della Sydney Symphony Orchestra ma nota soprattutto per il lungo e proficuo impegno alla testa dell’Opera di Amburgo, in questa sola stagione dirige all’Opéra di Parigi, alla Staatsoper di Vienna, al Metropolitan di New York e in campo sinfonico i Berliner Philharmoniker e l’Orchestre National de France, ma non era mai stata ospite del nostro Teatro. Con i Berliner la Young ha diretto quest’anno la Turangalîla-Symphonie di Messiaen, cuore del programma dei concerti della Stagione Sinfonica dell’11, 12 e 14 maggio in cui sostituisce Zubin Mehta che ha dovuto rinunciare per motivi di salute.

Il regista

Peter Grimes è il tredicesimo titolo operistico portato sul palcoscenico del Piermarini da Robert Carsen, il secondo di Britten. Dal folgorante esordio con Les dialogues des Carmélites di Poulenc nel 2006 con Riccardo Muti sul podio, i milanesi hanno visto spettacoli diversissimi: la lancinante essenzialità dell’allestimento acquatico di Kat’a Kabanova con Gardiner, lo sberleffo politico di Candide, le geometrie del desiderio di Alcina, la vertigine del teatro in Don Giovanni e Les contes d’Hoffmann, quella del cinema nella Fanciulla del West, il chiacchiericcio crudele della provincia anni ‘50 in Falstaff fino all’amara commedia del potere e dei sentimenti nel recente Giulio Cesare di Händel, suo ultimo spettacolo scaligero nel 2019. Per questo ogni ritorno di Carsen sul nostro palcoscenico è da attendere con trepidazione. Questo secondo Britten respira atmosfere diversissime dal primo, che era il fantasioso e tenero Midsummer’s Night Dream nella produzione di Aix-en-Provence e Lione con coreografia di Matthew Bourne.

Peter Grimes alla Scala

Le prime reazioni di certa critica nei confronti del capolavoro di Britten devono tenere conto del breve stacco che intercorre tra la prima esecuzione assoluta dell’opera nel 1945 e la sua proposta nel nostro Paese, dapprima in versione radiofonica e poi con la messa in scena nel nostro Teatro nel 1947. La prima esecuzione scaligera è piaciuta a tutti e su L’Unità si cita il coro “perfetto” diretto da Veneziani, la regia di Zimmermann “un poco pletorica talvolta nelle scene di massa” e le scene di Neher “minutamente descrittive, anche se il suo villaggio appariva più mediterraneo che nordico”. La successiva produzione inglese del 1975, importata alla Scala l’anno seguente, suggerisce ancora a Duilio Courir del Corriere la caratterizzazione dell’opera e del suo autore come esempio del “risveglio moderno della musica inglese” da parte di un musicista “capace di dar forma all’aspirazione … di un’opera nazionale”. Per Massimo Mila la direzione di Colin Davis è “prestigiosa e animatrice”, le scene e i costumi di Tazeena Firth e Timothy O’Brien hanno “un sigillo d’isolana autenticità”. Vickers è “uno dei maggiori tenori del giorno d’oggi, celebrato per qualità di vigoria, vocale e interpretativa”, ma Peter Pears “per il quale la parte è stata pensata, è un tenore squisitamente lirico, aduso alle raffinatezze del canto cameristico”. La Harper è “una Ellen Orford maternamente protettiva nel calore affettuoso d’una voce piena e pastosa” e Geraint Evans è “eccellente nella parte del bravo capitano Balstrode”. Parlando della nuova produzione scaligera del 15 giugno 2000, Paolo Isotta (sul Corriere) nota come la concertazione di Jeffrey Tate “si tuffa nelle profondità del suono, adotta tempi assai più meditativi”. L’ultimo allestimento in ordine cronologico è stato quello affidato alla direzione di Robin Ticciati e alla regia di Richard Jones. Angelo Foletto, su La Repubblica, parla di “spettacolo senza allusioni d’ambiente a parte i gabbiani che scrutano come avvoltoi, una sgradevole umanità intrappolata tra pub hopperiani, interni e abiti borghesi anni Settanta-Ottanta.” (testo di Luca Chierici dal programma di sala).