OTELLO DEBUTTA AL XXV FESTIVAL VERDI NELLA NUOVA EDIZIONE CRITICA E IN UN NUOVO ALLESTIMENTO
FESTIVAL VERDI
Parma e Busseto
20 settembre – 19 ottobre
XXV Edizione
Roberto Abbado dirige per la prima volta l’opera verdiana, eseguita nella nuova edizione critica curata da Linda B. Fairtile per The University of Chicago Press e Casa Ricordi, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini, del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e del Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma, preparato da Massimo Fiocchi Malaspina.
Federico Tiezzi firma la regia del nuovo allestimento realizzato nei laboratori di scenografia e sartoria del Teatro Regio di Parma, con le scene di Margherita Palli, i costumi di Giovanna Buzzi, le luci di Gianni Pollini, la drammaturgia di Fabrizio Sinisi.
Protagonisti Fabio Sartori, Ariunbaatar Ganbaatar, Mariangela Sicilia, Davide Tuscano, Francesco Pittari, Francesco Leone, Alessio Verna, Natalia Gavrilan, Cesare Lana.
Teatro Regio di Parma
venerdì 26 settembre 2025, ore 20.00
domenica 5 ottobre 2025, ore 15.30
sabato 11 ottobre 2025, ore 20.00
domenica 19 ottobre 2025, ore 20.00
Otello è l’opera inaugurale del XXV Festival Verdi, in debutto al Teatro Regio di Parma venerdì 26 settembre 2025 ore 20.00 (recite domenica 5 ottobre ore 15.30, sabato 11 ottobre ore 20.00, domenica 19 ottobre ore 20.00). L’opera è eseguita per la prima volta nella nuova edizione critica a cura di Linda B. Fairtile, The University of Chicago Press e Casa Ricordi. Roberto Abbado dirige il titolo verdiano per la prima volta sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini, del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e del Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma preparato da Massimo Fiocchi Malaspina. Il nuovo allestimento dell’opera, realizzato nei laboratori di scenografia e sartoria del Teatro Regio di Parma, è firmato dal regista Federico Tiezzi, per la prima volta al Regio, con Margherita Palli alle scene, Giovanna Buzzi ai costumi, Gianni Pollini alle luci e Fabrizio Sinisi alla drammaturgia. In scena Fabio Sartori (Otello), Ariunbaatar Ganbaatar (Jago), Mariangela Sicilia (Desdemona), Davide Tuscano (Cassio), Francesco Pittari (Roderigo), Francesco Leone (Lodovico), Alessio Verna (Montano), Natalia Gavrilan (Emilia), Cesare Lana (Un Araldo).
La première dell’opera sarà trasmessa in diretta su Rai Radio3.
«Tra le tre opere shakespeariane di Verdi – dichiara il direttore artistico Alessio Vlad– Otello è la più complessa, musicalmente e drammaturgicamente. Infatti le passioni che, traducendosi in valori assoluti, sono state l’oggetto di una lunga vicenda drammaturgica, qui degenerano provocando un devastante disfacimento dei valori che sono alla base dei rapporti umani. È un sovvertimento che viene rappresentato attraverso la costruzione di un linguaggio del tutto nuovo che anticipa sorprendentemente quello di alcune delle avanguardie artistiche che caratterizzeranno il nuovo secolo, a cominciare dall’Espressionismo.
Verdi con Otello si allontana da un mondo e da tutta la sua produzione precedente e si avvicina decisamente alla modernità e alla nostra realtà.
Roberto Abbado debutta il titolo, aggiungendo un fondamentale tassello all’importante lavoro fatto in questi anni sul repertorio verdiano. Fabio Sartori, Ariunbaatar Ganbaatar e Mariangela Sicilia sono stati scelti anche per la l’espressività che con le loro caratteristiche vocali sapranno dare ai loro rispettivi personaggi. Nuova produzione affidata a Federico Tiezzi, regista profondo, colto, capace come pochi altri nello scavare all’interno di una drammaturgia così piena di significati, dandole, in un costante rapporto con la musica, forma estetica e teatrale».
«Otello segna il ritorno di Verdi al teatro di Shakespeare – scrive Giuseppe Martini. Dopo un’elaborazione di oltre sette anni, l’opera debuttò alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887, con un successo trionfale. Il giovanissimo Toscanini, secondo violoncello, sedeva in orchestra. Nuovo titolo dopo ben sedici anni, se si escludono il rifacimento di Simon Boccanegra e la seconda versione di Don Carlo, l’opera scatenò una vera e propria corsa dei teatri per ottenere il permesso di allestirla, permesso che arrivò al Teatro Regio di Parma nel luglio dello stesso anno, solo cinque mesi dopo il debutto scaligero. Otello è il segno dell’allineamento delle idee operistiche verdiane alla cultura europea del dramma musicale: decorso sonoro plastico e scorrevole, melodie cangianti, musica che segue l’azione delineando le sottili psicologie dei personaggi. Verdi riuscì in questo modo a concretizzare di nuovo un confronto con Shakespeare, realizzato per la prima volta con Macbeth e fallito con il mancato approdo a Re Lear, grazie alla collaborazione con un letterato-musicista come Arrigo Boito e al paziente lavoro di Giulio Ricordi, che nel 1887 alla Scala con Otello mise a punto un’operazione aggiornata anche a livello di comunicazione, saldando ai tempi nuovi l’immagine del grande teatro romantico verdiano e restituendola nelle forme di un grande evento mediatico. E Otello, opera che sa essere magniloquente e intimista, ha risposto alle esigenze di un’epoca senza mai snaturarsi, anzi travestendo una materia musicale fatta di cose antiche in una forma che a tutti è apparsa subito indubbiamente moderna».
«In Otello – spiega il direttore Roberto Abbado – c’è davvero tanto materiale musicale eccezionale che, il concetto di tinta verdiana, che ingloba tantissimi elementi, qui si può dire addirittura superato. Io penso che Otello non abbia una vera e propria tinta, perché ormai siamo di fronte a un dramma psicologico, a un’opera in cui Verdi si è spinto molto avanti. Per sintetizzarla con un aggettivo abusato, è un’opera modernissima. È modernissima nel linguaggio armonico, da questo punto di vista pienamente rappresentativa del proprio tempo, e in più ogni atto è una grande campata che viene articolata in diversi momenti, senza numeri chiusi. Se proprio si volesse identificare una tinta generale si potrebbe spendere il concetto di “violenza”, visto che l’opera comincia violentemente con una tempesta, che è anche metafora di quello che si agita nella mente di Otello, e finisce con due gesti violenti, l’assassinio di Desdemona seguìto dal suicidio di Otello».
«Lo scavo nelle relazioni dei personaggi – racconta il regista Federico Tiezzi – mi ha condotto a creare una “stanza della tortura” che si ripropone costantemente. Una stanza della tortura all’interno della quale, come in un dramma di Strindberg o di Ibsen, si esprimono i conflitti che legano e respingono i personaggi fra loro. In ambito analitico freudiano esiste una “Sindrome di Otello” che è una delle chiavi di lettura di questa opera. La cui modernità musicale, mi ha persuaso a spostare l’ultimo atto verso la modernità, tra Espressionismo e le foto di Crewdson, verso un mondo la cui l’atmosfera ricordi il clima delle opere di Alban Berg come Wozzeck e Lulu. Il luogo scenico dove faccio svolgere lo spettacolo è il nero magmatico e notturno dell’inconscio, – potremmo trovarci nella tempestosa scatola cranica di Otello. Questo nero oscuro è abitato dai corpi dei cantanti. E dalla luce. Che disegna e manipola lo spazio scenico. Ammetto che in questo impatto visivo ha avuto un ruolo il film di Orson Welles, regista che è per me un costante punto di riferimento: un film girato in un bianco e nero fosco e ossessivo».
