LA STRAORDINARIA PIANISTA ANGELA HEWITT INTERPRETE DELLE VARIAZIONI GOLDBERG DI JOHANN SEBASTIAN BACH

sabato 8 marzo 2025, ore 20.30

Angela Hewitt, tra le maggiori interpreti bachiane, sabato 8 marzo 2025, alle ore 20.30, eseguirà al Teatro Regio di Parma le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, nell’ambito della Stagione concertistica, realizzata dalla Società dei Concerti di Parma grazie al supporto del Comune di Parma, della Regione Emilia-Romagna, del Ministero della Cultura, Sinapsi Group e Chiesi Group.

Angela Hewitt occupa una posizione unica tra i principali pianisti di oggi. Con un vasto repertorio e frequenti apparizioni sia in recital sia con le principali orchestre di Europa, Americhe e Asia, è artista pluripremiata e le sue esecuzioni di Bach l’hanno affermata come una delle principali interpreti di questo compositore. Nel 2020 ha ricevuto la Medaglia Bach della Città di Lipsia: un grandissimo onore che per la prima volta, nei suoi 17 anni di storia, è stato assegnato a una donna.

Nata in una famiglia di musicisti, ha iniziato gli studi di pianoforte all’età di tre anni, esibendosi in pubblico a quattro anni e vincendo, un anno dopo, la sua prima borsa di studio. Si è formata con Jean-Paul Sévilla all’Università di Ottawa e nel 1985 ha vinto il concorso Toronto International Bach Piano Competition, che ha lanciato la sua carriera. Nel 2018 ha ricevuto il Premio alla carriera del Governatore Generale e nel 2015 ha ricevuto la più alta onorificenza dal suo paese natale, diventando Companion of the Order of Canada (che viene assegnato solo a 165 canadesi viventi alla volta). Nel 2006 ha ricevuto un OBE dalla Regina Elisabetta II. Angela Hewitt è membro della Royal Society of Canada, ha sette lauree honoris causa ed è Visiting Fellow del Peterhouse College di Cambridge. Nel 2020 ha ricevuto inoltre la Wigmore Medal, come riconoscimento dei suoi servizi alla musica e alla famosa sala da concerto nel corso di 35 anni.

“Che in un racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann del 1802 il maestro di cappella Johannes Kreisler, invitato durante una bisboccia a eseguire le variazioni Goldberg di Bach, mugugni «ascoltate, e crepate di noia» non va preso come un giudizio negativo – scrive Giuseppe Martini: all’epoca da un pacchetto di variazioni ci si aspettava leggerezza (specie in bisboccia), mentre l’esecuzione completa delle “Goldberg”, completa con tanto di ritornelli, comporta anche oggi un ascolto altamente impegnativo, che poco si presta anche alla leggendaria funzione per cui sarebbero nate, cioè per dilettare l’ambasciatore russo a Dresda che soffriva d’insonnia”.

“Leggendaria poiché il mediatore della committenza incaricato di eseguirle all’agripnico diplomatico aveva solo quattordici anni e non era ancora allievo di Bach (lo divenne nel 1742, le variazioni sono dell’anno prima), e non solo per la loro natura refrattaria ad accompagnare dolcemente nelle braccia di Morfeo – se non, al limite, per sfinimento. Però questo raccontavano i figli di Bach e questo è passato alle biografie bachiane d’inizio Ottocento, e insieme è rimasto appiccicato al ciclo di variazioni anche il nome del quattordicenne cembalista in erba, Johann Gottlieb Goldberg”.

“In realtà nella quarta parte del Klavierübung dove apparvero a stampa per la prima volta sono indicate genericamente come “Aria mit verschiedenen Veränderungen” (aria con diverse variazioni), a cui Bach ha impresso un andamento ciclico geometrico riproponendo l’aria al termine e piazzando un momento baricentrico nella sedicesima variazione, chiamata “ouverture” come se desse avvio a una seconda parte. La simmetria è oltremodo evidente dal momento che questa “ouverture” contiene una seconda sezione fugata, che si rispecchia nella variazione fugata n. 10 e in quella in contrappunto severo n. 22”.

“Nonostante questa simmetria del tutto congrua all’universo bachiano, le variazioni Goldberg non procedono lungo una curva psicologica d’ascolto, né si possono percepire come una progressiva trasformazione dell’aria, che anzi spesso sparisce dall’orizzonte conservando appena l’esile e poco produttiva linea del basso. L’avere anzi creato una scansione di nove gruppi di tre variazioni, con la terza che è sempre un canone – cioè melodie a imitazione, qui a distanze progressive per ogni canone – alimenta un procedimento statico che tende a tornare su se stesso, tanto più che la tonalità si mantiene pressoché sempre sul sol maggiore all’infuori delle variazioni 15, 21 e 25 che sono in sol minore”.

“Se questo significa come sosteneva Glenn Gould che l’assenza di punti di riferimento, di un percorso che si dipani dall’aria per allontanarsene ed eventualmente riavvicinarsene, e infine di una vera risoluzione – la riproposizione dell’aria arriva di colpo, quasi per bisogno di quiete – comportano un senso di unità non strutturale ma intuitivo, basato sul rigore, sulla razionalità, sulla percezione di un disegno inconscio e sfuggente, l’unico modo per ascoltare le “Goldberg” sta nell’inseguirne costantemente la loro natura enciclopedica, l’idea settecentesca del mondo come unità nella varietà”.

“Del resto si succedono qui tecniche tastieristiche, strategie di contrappunto, luoghi formali (trilli, arpeggi, incrocio di mani, ritmi, scale, ornamentazioni), persino danze (la 3 è una siciliana, la 18 una gavotta, le 7 e 27 gighe, le 13, 25, 26 e l’aria stessa hanno i modi della sarabanda) e addirittura l’ultima variazione non è un canone ma un quodlibet, cioè una mistura contrappuntistica di melodie: sul basso dell’aria sono sovrapposti i temi di due canzonette, Ich bin so lang nicht bei dir e Kraut und Rüben habenmir vetrieben. Tutto è studiatissimo, compreso quel momento di sosta languida e spirituale che è la variazione 25, sistemato a sorpresa per tirare le fila di un discorso di estenuante pressione emotiva. Ma è un discorso intimistico, che al pianoforte in sala da concerto si trasforma in una confessione vereconda e loquace, come un’insonnia lunga lunga”.